Il duo di tecno-artisti e attivisti lancia la prima linea di oggetti “datapoietici”, dove dati e intelligenza artificiale rilanciano la funzione e l’identità dei nostri oggetti dell’abitare. Dandoci nuove possibilità di consapevolezza e empatia.
Una lampada con ambizioni più grandi che illuminare una stanza. È questa la rivoluzione lanciata da Obiettivo, la lampada-display che usa la luce per informarci e renderci consapevoli sulla diffusione della fame nel mondo. Creata dal duo di cyber-artisti formato da Salvatore Iaconesi e Oriana Persico, Obiettivo aggrega dati provenienti da fonti autorevoli (UN, UNDP, World Bank, OECD, World Poverty Clock) traducendoli in un supporto luminoso dove l’intensità e la capillarità del segnale riescono a farci capire come sta evolvendo uno dei grandi problemi della nostra contemporaneità. Presentata in anteprima nel maggio di quest’anno al festival art+b=love (?) di Ancona, Obiettivo rimette in discussione la sua funzione primaria, quella dell’illuminazione tout court, a vantaggio di una capacità informativa che vuole sì essere uno strumento di divulgazione, ma anche un’interfaccia capace di creare empatia e rinnovata comunicazione tra chi intorno alla lampada vive o si trova a passare.
L’idea di rilanciare il tema della “casa connessa” in chiave umanistica non è lontana dalle precedenti ricerche di Iaconesi e Persico. Ingegnere robotico, hacker, TeD speaker e Eisenhower Fellow lui, esperta di comunicazione e inclusione digitale e cyber-ecologista lei, il duo si è ripetutamente interrogato sui meccanismi di fruizione e divulgazione dell’informazione con progetti cardinali sulla condivisione dell’Intelligenza Artificiale tra cui La Cura, IAQOS, Human Architecture.
Riconducendosi a questa visione, Obiettivo rappresenta il primo esperimento all’interno di un più ampio filone di ricerca ‒ battezzato dal duo “Datapoiesis” ‒ che mira a rinnovare la natura degli oggetti di arredo non tanto per un mero virtuosismo tecnologico, quanto come opportunità di rivitalizzare la nostra consapevolezza sui temi-chiave della contemporaneità, reinventando al contempo estetiche, pratiche e abitudini. “I dati e la computazione sono forse l’unico mezzo che abbiamo per conoscere e comprendere le grandi questioni planetarie complesse come la povertà, il cambiamento climatico, l’energia, le migrazioni, la salute, l’istruzione e gli altri”, raccontano Persico e Iaconesi. “La Datapoiesis è il fenomeno attraverso cui i dati e la computazione creano una sensibilità che prima non c’era, e che non potrebbe esistere senza questi fenomeni. Opere come “Obiettivo” possono contribuire a riposizionare dati e computazione nella società, trasformandosi in entità e oggetti totemici attorno a cui costruire rituali e nuove pratiche (collettive e connettive) che ci consentano di affrontare e relazionarci con le grandi questioni del pianeta”.
Dopo il lancio di Obiettivo e il suo fortunato riscontro ‒ la lampada è stata appena acquisita dalla Collezione Farnesina, la collezione di arte contemporanea e design del Ministero degli Esteri ‒, quali saranno i prossimi oggetti a essere investiti dalla “rilettura” datapoietica? Ci raccontano Iaconesi e Persico: “Lo capiremo durante una fall school che avverrà a Ivrea a novembre, presso le ex fabbriche Olivetti, oggi riportate in vita da ICONA. Per la prima volta dopo tutto questo tempo, la prima attività produttiva che abiterà lo spazio delle ex fabbriche sarà la Datapoiesis. Questo ci sembra un fatto eccezionale, capace di suggerirci il ruolo importantissimo che l’Italia potrebbe avere nei prossimi anni, proprio prendendo spunto dai modi in cui arte e design aiutavano Olivetti a promuovere una attività economica capace di reinventare la società e le comunità. Di sicuro, i prossimi oggetti datapoietici avranno un focus sullo spazio pubblico e su un concetto dell’abitare inteso in senso molto attivo e partecipativo: riunire le comunità per una azione di invenzione sociale con cui ripensare non tanto il nostro “punto di vista”, ma il nostro “punto di vita””. Un’opportunità, dunque, per rilanciare legami sociali di prossimità che, proprio grazie all’aggregazione di dati, finiscono per far convergere anche persone. Sollecitandole rispetto all’urgenza di un dibattito – pensiamo ai gridi di allarme del climate change – che si ha l’impressione di non poter più posticipare.
Pubblicato su Artribune.com il 9 agosto 2019