Nell’offerta pletorica della Paris Art Week appena conclusasi ha fatto capolino anche il design. Che cerca di posizionarsi come possibile investimento sicuro in una sezione dedicata della Fiac. O che gioca al rilancio con nuove creazioni ispirate all’eredità di uno dei più grandi artisti francesi di tutti i tempi.
Non è nuovo, il design, alla programmazione bulimica che la Paris Art Week mette in campo per i suoi visitatori. Chiamata in causa in virtù di una sintesi ideale tra le arti, la cultura del progetto non mira a conquistarsi un ruolo ambizioso nella sperimentazione contemporanea, ma preferisce ritagliarsi durante questa settimana una presenza da spalla, legata alla valorizzazione dei grandi nomi e delle potenzialità della “decorazione-investimento” per gli spazi dell’abitare.
IL DESIGN ALLA FIAC
Tra gli stand della FIAC recentemente conclusasi, dove la piccola sezione design ha fatto la sua ricomparsa nel 2017 dopo un’assenza di sette anni, le celebri gallerie del design parigino – Jousse Entreprise, Galerie kreo, LAFFANOUR – Galerie Downtown, Eric Philippe e Galerie Patrick Seguin – non hanno esitato a rilanciare i grandi progettisti del Novecento di cui sono da sempre promotori. Prima tra tutti, una Charlotte Perriand oggi nuovamente agli onori delle cronache per la grande mostra tributo inaugurata recentemente alla Fondation Louis Vuitton. Peccato che, oltre al circuito fin troppo ristretto di gallerie – una piccola degustazione per gli amanti dell’arte a digiuno di design? -, l’attenzione al contemporaneo sia rimasta collaterale e tutta giocata intorno a nomi saldissimi, di fatto già canonizzati (come Hella Jongerius) e con scarsissime aperture verso i giovani (ne è un’interessante eccezione Joachim Jirou-Najou per kreo). Appena fuori dalla fiera, è tra i padiglioni di Art Élysée – Art & Design che è stato possibile approfondire nuove tracce a cavallo tra designer meno à la page e proposte contemporanee: erano 13, infatti, le gallerie prevalentemente francesi, belghe, e svizzere dove il lavoro di riscoperta e di edizione si è fatto più sottile e talvolta sorprendente (It’s Great Design, Mobilab Gallery, H. Gallery), sebbene sottomesso dalla cacofonia di gallerie d’arte non sempre sullo stesso registro di ricerca e innovazione.
MATISSE L’ISPIRATORE
A fronte di questa tensione prevalentemente orientata al recupero del passato, le operazioni che tessono creazione e novità arrivano come piccole boccate di ossigeno. È il caso di Maison Matisse, la nuova maison d’édition lanciata durante la Paris Art Week e ispirata all’opera del grande Henri Matisse. Certo, sarebbe facile ribattere che Matisse non è esattamente un nome inedito nel panorama dell’arte. Eppure, ci racconta Eliana di Modica, a capo di questo progetto in campo già da due anni e fortemente voluto dalla famiglia Matisse, l’obiettivo non è ripresentare opere d’archivio, quanto guardare all’eredità di Matisse, ancora incredibilmente attuale, per ispirare nuove creazioni capaci di reinterpretarne il DNA culturale con la sensibilità dell’oggi. L’operazione, audace ma dagli esiti potenzialmente aperti, funziona soprattutto per la capacità di rilettura dei progettisti coinvolti, tre fuoriclasse del design europeo – i fratelli Bouroullec, Jaime Hayon e Alessandro Mendini – presenti ognuno con una serie di vasi (realizzati da Bosa e da Alessio Sarri quelli rispettivamente di Hayon e Mendini) di grande complessità tecnica dove a spiccare è naturalmente il colore e la matrice libera del disegno. In questa sete di nuovo, a stupire è ancora una volta l’imprevedibilità tipologica: quella dei Bouroullec, in particolare, che superano l’idea di vaso realizzando una “finestra”, una sorta di davanzale tanto caro ai quadri di Matisse. Che si impone, oltre il vaso, come una piccola poesia del quotidiano, forse indice di quanto l’essenzialità di un’idea riesca ancora ad emergere facilmente, persino in una settimana di roboanti proposte.
Pubblicato su Artribune.com il 26 ottobre 2019