Sofisticata e patinata, questa edizione della design week di parigi sembra soprattutto saper interpretare le ragioni di un lusso elitario. Lasciando spazio per crescere al circuito underground.
Una città assomiglia alla propria Design Week? Prendiamo questo assunto per vero e proviamo a raccontare sia l’una che l’altra. L’ultima edizione della fiera Maison&Objet – e la Paris Design Week, ad essa istituzionalmente legata – sembra essersi distinta non tanto nei linguaggi dell’underground o nel tipico stile BOBO (bourgeois bohemien) che marchia a fuoco i quartieri gentrificati, quanto nella sfera elitaria e ricercata dell’interior design di lusso. Ne troviamo traccia in fiera, dove alla designer parigina di interni Laura Gonzalez viene conferito il titolo di Designer of the Year: il suo tocco decorativo scalda i cuori dei ristoranti e showroom più esclusivi della capitale, ibridando il classicismo francese con ispirazioni a sud e scelte cromatiche accese ma rassicuranti.
Fuori dalla fiera, la mostra per i dieci anni della rivista AD Intérieurs chiama a raccolta dieci architetti di interni (oltre a Laura Gonzalez, anche Hannes Peer, Bismut & Bismut, Humbert & Poyet, Atelier Tristan Auer / Wilson Associate, Fabrizio Casiraghi, Festen, Anne-Sophie Pailleret, Stéphane Parmentier, Thierry Lemaire, Pierre Gonalons, Pierre-Yves Rochon, Pierre Bonnefille) per ripensare fuori da ogni vincolo di committenza grandi e piccoli spazi della casa, dalla biblioteca, al giardino d’inverno, fino alla sala da bagno. Qui, una fantasia sofisticata, e tendenzialmente un po’ in preda all’horror vacui, corre libera seguendo citazioni artistiche o letterarie, i materiali sono rigorosamente nobili, mentre il culto del pezzo unico si lega al gusto un po’ barocco per le creazioni dei tanti métiers d’arts – i mestieri dell’arte, ossia quelli dell’artigianato artistico – fortemente riscoperti oggi in Francia.
PARIS DESIGN WEEK: DESIGN INTERNAZIONALE
Tra le collettive internazionali, a fare la parte del leone è la bella selezione dei Rising Talents, il consueto format di Maison&Objet dedicato ai giovani talenti emergenti. Agli onori di questa edizione sono i designer statunitensi (da segnalare Alex Brokamp, Bailey Fontaine e Green River Project), di fatto una delle scoperte più accattivanti per la sperimentazione scanzonata, in alcuni casi anti-tipologica e libera da pretesti. Interessante, fresca e molto coerente nello stile è la proposta della Polonia che con Trans: Forming Design from Poland presenta la collaborazione tra dieci aziende e dieci designer polacchi. Menzione d’onore anche al Libano, ormai sempre più spesso nei radar della comunità del design, che nelle stanze sontuose della propria Ambasciata presenta con Minjara Editions una collezione di oggetti in legno realizzati nel distretto manifatturiero di Tripoli e firmati da designer locali. Qui, oggetti tradizionali come il back gammon, il servo muto e il classico carretto mediorientale ritrovano smalto e attualità: merito di forme contemporanee e accattivanti, che sanno evidenziarne nuovamente il valore.
L’ITALIA ALLA PARIS DESIGN WEEK
Non manca poi neanche la presenza italiana: la campagna pubblicitaria di ITA – Istituto per il Commercio Estero ha letteralmente osannato Rossana Orlandi, qui nei panni di testimonial per la promozione del design italiano del grande magazzino BHV. La mitica trend scouter milanese era ritratta con i suoi indimenticabili occhiali bianchi su cartelloni pubblicitari e dépliant distribuiti per tutta la città, mentre una piccola mostra nello stesso BHV riproponeva una selezione della sua collezione: niente di nuovo per i suoi fan italiani, sicuramente una piccola bella scoperta per i parigini.
I VASI DELLA PARIS DESIGN WEEK
È stata poi, questa Paris Design Week appena conclusa, un’edizione che ha celebrato il potenziale espressivo del vaso, raccontandone a più riprese le infinite declinazioni. Tanti i vasi avvistati per la preview di Collectible al Musée des Arts Decoratifs, tanti anche quelli esposti da À Rebours, la boutique della Fondation Lafayette, addirittura mille quelli della selezione di Meet My Project al Espace Commines (belli quelli di Gaetano Di Gregorio, Cécile Bichon, Barbara Schweizer, belli i mobili in lamiera ondulata di Flatwig). E la scena locale, quella parigina? Fuori dalle coordinate del lusso e del pezzo unico, fuori dalla consueta raccolta de Le French Design by VIA, fuori dai temi di ricerca indicati da qualche scuola (ENSCI), troviamo che faccia un po’ fatica ad emergere. È il caso del distretto Vertbois, il polo off che non ha regalato particolari scoperte. Segno, ci sembra, che in una città che sta lavorando molto per la coesione sociale, ma dove permane ancora una netta forbice tra i gusti e i consumi dei diversi ceti, il design emergente e non patinato faccia non solo fatica ad emergere, ma anche a trovare un suo linguaggio, una sua strada.
Pubblicato su Artribune.com il 22 settembre 2019