Lei è l’inventrice di Zona Tortona, colei che più ci ha creduto con il suo Superstudio Più. Quel complesso che nel giro di pochi anni ha reso la zona una delle più fervide, che si tratti di settimana della moda, di Fuori Salone o di eventi artistici (dalla Affordable Art Fair a (Con)temporaryart). Lui, beh, lui è il signor Cappellini, che poi si occupa anche di Alcantara, giusto per fare un nome. Insieme hanno ideato il Temporary Museum.
Telling a Story è il tema guida dell’edizione 2012 del Temporary Museum: la dimensione narrativa è forse sempre più importante nel mondo del design?
Gisella Borioli: Dietro ogni oggetto c’è una storia, come dietro ogni persona e ogni scelta. È una dimensione “culturale” che aggiunge valore a ogni prodotto: il design, così ricco di ricerca e motivazioni, merita che gli sia riconosciuto tutto questo.
Giulio Cappellini: Tutto ciò che ci circonda, dall’oggetto più banale all’oggetto più gridato, è design. Il compito dei designer non è solo creare prodotti utili, ma anche far sognare la gente, raccontando storie fatte di forme, sensazioni, materie che possono entrare a far parte del nostro abitare quotidiano.
Siete stati i primi a importare la formula di un’esposizione museale in un ambito (para)fieristico.
G B.: Il Fuori Salone stava diventando un evento puramente commerciale o promozionale, perdendo la sua carica innovativa. Così ho voluto ricreare la stessa atmosfera che si respira nei musei contemporanei o nelle gallerie d’arte. La prima cosa che ho fatto è di chiudere tutti in “gallery”, non stand, senza loghi esterni, ma solo il nome del brand e il titolo del progetto, tutti pari e uguali.
G. C.: La qualità delle presentazioni, rigidamente selezionate, è sempre stata alla base della nostra attività curatoriale e ciò ha dato sempre più visibilità al Temporary Museum di Superstudiopiù nella densa serie di presentazioni della design week milanese. Oggi più che mai va difesa con forza questa unicità, magari rinunciando ad alcuni espositori, ma riteniamo che elevare sempre più la qualità sia l’unico modo per confrontarsi con un palcoscenico sempre più internazionale.
Quali i nomi e i fenomeni da tenere sott’occhio quest’anno a Superstudio?
G B.: Sarà molto interessante vedere come la tecnologia emozionale interagisce col design. Ci sarà una forte presenza di art-design e installazioni. Avremo un Temporary Shop con i primi prodotti della Superstudio Collection, una vip lounge per gli incontri professionali, numerose mostre ospitate gratuitamente e curate da Superstudio: le fotografie di Giovanna Vitale, i disegni in omaggio a Sottsass di Fabrizio Sclavi, i pezzi ricavati da scarti industriali di Luca Gnizio, le sedute-scultura di Piotr Welniak e Michal Bartkowiak, l’installazione dei Musei di Carta di Aliantedizioni, con la proposta di oggetti studiati per gli shop dei musei italiani e altro ancora.
G. C.: L’immaterialità delle presentazioni sarà spesso declinata in modi differenti. Oltre alla mostra dedicata al gruppo giapponese Nendo, vera star pluripremiata del design contemporaneo, ci saranno grandi spazi dedicati a giovani designer emergenti.
Come giudicate la proliferazione di eventi e distretti nel Fuori Salone? La design week è a rischio di information overload?
G B.: Non posso che leggervi il segno del successo di questo settore che ha trovato a Milano la sua capitale. Le buone idee trovano sempre posto: dobbiamo continuare ad averne.
G. C.: Dobbiamo però pensare che spesso la permanenza dei visitatori, ridotta per il problema del costo degli alberghi, tende a privilegiare le aree più consolidate e dove storicamente si possono trovare i progetti migliori. Ancora una volta dobbiamo puntare sulla qualità, mentre la città deve rispondere alle esigenze del pubblico con i giusti servizi.
C’è un vuoto, oggi, nell’offerta della cultura del progetto a Milano, anche rispetto a quanto avviene all’estero?
G B.: Penso che sia arrivato il momento di colmare il gap tra arte e design, visto che il fenomeno delle limited edition o addirittura dei pezzi unici a forte contenuto artistico è in crescita. Non è più solo la riproducibilità industriale a indirizzare la ricerca del design, occorre tener conto dell’individualismo. Io stessa, l’anno prossimo, credo dedicherò lo spazio più contenuto del Superstudio 13 a ospitare unicamente art-design. So di altre iniziative in progress a Milano. Vedremo…
G. C.: Il limite di Milano è che si parla di cultura di progetto principalmente durante la design week. Bisognerebbe diluire anche durante l’anno altri eventi legati al mondo del progetto in senso lato, dall’arte al design, raccontando questo cammino in modo chiaro, preciso e facilmente comprensibile.