Una personale nel tempio dell’arte parigino. Una personale per il designer che ha contribuito a cambiare l’idea di mobilità metropolitana. È lui, allievo di Starck, che ha disegnato il Vélib, le biciclette che hanno invaso Parigi. Mentre l’Italia qualche passo in direzione della civiltà lo sta facendo..
Rarement on dessine pour soi“, dice Patrick Jouin (Nantes, 1967; vive a Parigi) dei propri lavori, esposti al Pompidou in una personale dal titolo La Substance du Design. La ricostruzione di una carriera precoce, che il tempio della cultura francese mette in scena attraverso un work in progress fatto di schizzi, prototipi e prodotti, ha un po’ il sapore della consacrazione: Jouin rappresenta infatti uno degli esponenti di punta del design d’oltralpe, espressione di un ricambio generazionale che negli ultimi anni sembra contribuire con particolare generosità alla scena europea della disciplina.
Il “petit enfant de Starck” (Cassagnau), il celebre padre putativo di cui condivide, insieme a Matali Crasset, Jean-Marie Massaud e Mathilde Bretillot, lo status di epigono, è da tempo nelle condizioni di camminare sulle proprie gambe.
Due le cifre della raggiunta maturità: l’estraneità da ogni tentazione narcisistica, lontana dai fasti celebrativi delle design star, e la valorizzazione della relazione umana come fine ultimo della progettazione, a vantaggio di un’attività progettuale sempre orientata al problem solving e mai relegata a un mero fenomeno di moda.
Approccio esemplificato dagli oggetti esposti, che raccontano una metodologia capace di rapportarsi con la medesima elasticità alla produzione di massa, alla serie limitata, al lusso e alla sperimentazione tout court. Costruendo sempre relazioni privilegiate con la committenza e, auspicabilmente, con l’utente finale. Molti i pezzi di interesse, tra cui la sedia Thalja, prodotta da Kartell nel 2009 dopo due anni di messa a punto della tecnica dell’iniezione a gas, qui utilizzata per la prima volta, e la linea Solid(Materialise, 2004), una serie di sedute monoblocco ottenute dalla sperimentazione di tecniche di prototipazione rapida dove la resina liquida viene polimerizzata attraverso il laser.
Numerosi, ancora, i progetti sviluppati in collaborazione con il mondo dell’enogastronomia: non manca la ricerca formale votata alla tavola di alta classe, come nel caso del servizio di posate Zermatt per Puiforcat (2010), o il celebre Pastapot di Alessi (2007), la pentola per la cottura della pasta sviluppata in collaborazione con Alain Ducasse, partner di progetto anche nella realizzazione degli arredi e degli interior per il ristorante Jules Vernes, al secondo piano della Tour Eiffel, e per l’hotel Plaza Athénée, già icona di mondanità e raffinatezza parigine.
Peccato, forse, che tra pezzi illustri e prototipi sperimentali a mancare sia proprio l’oggetto di culto che più degli altri ha esteso il senso di buona relazione a una dimensione più vasta, quella urbana. Per vederlo, non resta che uscire dal museo: girato l’angolo per rue du Cloître-Saint-Merri, sarà la più vicina stazione di Vélib, la bicicletta pubblica che circola in migliaia di esemplari per le strade di Parigi, a raccontarci del progetto che ha fatto della mobilità francese un nuovo paradigma da imitare.
Pubblicato su Exibart il 10 marzo 2010