Ieri abbiamo pubblicato le prime tre interviste. I primi tre punti di vista sul design, sul suo sistema, sul Salone del Mobile di Milano e sul Fuorisalone. Ora è il turno della seconda tripletta. Ancora per le cure di Giulia Zappa.
LA CURATRICE
GIOVANNA MASSONI
curatrice di Belgium is Design
Come comunicare la propria specificità nazionale in un contesto in cui sono oramai moltissimi i marchi territoriali?
Comunicare la specificità è già difficile: definire le caratteristiche generali di un Paese è un’astrazione, spesso arbitraria. Per quanto concerne il Belgio, l’operazione lo è ancora di più, ma è stata determinante. La diversità di lingue e culture che convivono in questo piccolissimo territorio non si addice a un’operazione di marketing comunicativo che riduce la ricchezza interculturale a un simbolo nazionale. Ma devo dire che non mi pento di aver riunito attorno a un unico simbolo le aziende e i designer del Belgio, pur essendo cosciente che si rischia di appiattire una situazione fantastica proprio perché diversificata e a tratti conflittuale.
La partecipazione al Salone influenza il giro d’affari delle aziende coinvolte in Belgium is Design?
Assolutamente sì. I designer incontrano i produttori e le aziende registrano interessanti benefici.
Appuntamenti imperdibili e nuove scoperte di questa edizione.
Per me il Salone significa tornare a respirare l’internazionalità che Milano offre in questi giorni. È l’incontro inaspettato, le opportunità, il caos che stimola le idee, l’ansia che è un buon motore per conoscere e scoprire. Cosa voglio scoprire? Il design onesto.
Il primato del Salone del Mobile di Milano rimane ben saldo?
Il Salone beneficia di questi “atolli” del design e della loro moltiplicazione esponenziale. Territori e spazi dove si crea e si sperimenta. E poi la migrazione verso Milano, dove si espone il meglio. Milano da sola non significherebbe nulla. Ma rimane pur sempre l’unico vero palcoscenico del confronto internazionale: una sorta di grande compendio di molteplici design week locali.
IL COOL HUNTER
PAOLO FERRARINI
ricercatore al Future Concept Lab
Salone in divenire: negli ultimi anni i cambiamenti hanno investito di più i prodotti o l’esperienza di fruizione del format “settimana del design”?
Il Salone del Mobile e il Fuorisalone hanno perso il loro ruolo di luoghi di scoperta del nuovo e stanno diventando l’occasione per toccare con mano quello che si è già visto in Rete. Il bello di essere di persona a Milano resta la relazione, con le persone e con gli oggetti.
Il settore arredo soffre di un netto calo delle vendite. L’idea della crisi come opportunità ha prodotto qualche esempio virtuoso?
Molto spesso la crisi non è solo di vendite, ma anche di idee: non dimentichiamo che la maggior parte del fatturato del design italiano è fatto con i classici, non con i prodotti disegnati negli ultimi dieci anni. La vera innovazione oggi è soprattutto nei processi: quello che viene prima e dopo il prodotto.
La visita al Salone/Fuorisalone è sempre più infestata da una sorta di “white noise”, un disturbo causato dalla proliferazione di eventi di scarsa qualità.
La settimana del design è la sagra di paese del villaggio globale. In questo senso, il design ha fatto della condivisione la sua bandiera, anticipando anche il cosiddetto “fashion circus”. Come in tutte le feste, fiere e sagre, il rumore bianco è il sottobosco che garantisce la democraticità dell’evento e che, sotto molti punti di vista, permette alla qualità vera di emergere con decisione.
Milano è la quintessenza delle design week: un primato scontato?
Negli ultimi anni si sono imposte con forza le settimane del design di Istanbul, Stoccolma e Miami, ma si tratta di fenomeni molto piccoli, non paragonabili a Milano. Però sono interessanti per osservare i segnali emergenti e capire quali aree del mondo stanno dicendo qualcosa di nuovo sulla creatività applicata.
www.futureconceptlab.com
IL PRODUTTORE
DANIELE LAGO
art director di Lago
Innovazione di prodotto o di format espositivo? Cosa conta di più per guadagnare visibilità al Salone?
La cosa più importante per Lago è che dietro ogni cosa, prodotto o format espositivo ci sia un pensiero. Per noi lo stand al Salone non è un modo per stupire, ma uno strumento per comunicare i nostri valori e valorizzare i prodotti. Non vogliamo guadagnarci una fetta di visibilità, ma riuscire a trasmettere il modo in cui Lago concepisce l’abitare.
La crisi cambia le modalità con cui preparate la vostra partecipazione?
La preparazione del Salone è per noi uno sforzo progettuale e in questo senso la crisi non ha cambiato il nostro approccio. Certamente l’attenzione al budget si riflette nella scelta delle attività, ma abbiamo avuto la fortuna – e forse anche un po’ di lungimiranza – di tenerci fuori dal vortice degli happening, cercando sempre, per esempio attraverso il format dell’Appartamento, di cercare soluzioni di contenuto, senza dover necessariamente investire una fortuna.
Abbiamo assistito a una continua “dialettica” tra Fiera di Rho e Fuorisalone: come valuti la presenza nell’uno e nell’altro circuito?
Negli anni abbiamo assistito a una crescita bulimica delle attività Fuorisalone: nuovi quartieri sono saliti in cattedra. Lago svolge le proprie attività su due asset principali: la Fiera e l’Appartamento Lago di via Brera. In fiera ci occupiamo dell’attività commerciale e di interazione con la stampa, mentre utilizziamo l’Appartamento per trasferire i contenuti e la filosofia Lago in maniera diversa, più allargata, coinvolgendo anche un pubblico più generalista.
Per un amministratore delegato qual è il risultato più soddisfacente da portare a casa?
Sono i numeri quelli con i quali alla fine si devono fare i conti. Quando l’investimento fatto al Salone ti consente di collocarti da leader nel tuo mercato e di generare un ritorno significativo che giustifichi la spesa, allora hai centrato l’obiettivo. In realtà, per me il vero goal è riuscire a trasmettere l’amore che noi mettiamo nella progettazione.
Pubblicato su Artribune Magazine #12 – Supplemento Design 2013 e su Artribune.com il 14 aprile 2013