{"id":3151,"date":"2020-10-01T09:50:44","date_gmt":"2020-10-01T09:50:44","guid":{"rendered":"https:\/\/giuliazappa.net\/lille-world-design-capital-un-nuovo-modello-di-governance\/"},"modified":"2020-10-01T09:50:44","modified_gmt":"2020-10-01T09:50:44","slug":"lille-world-design-capital-un-nuovo-modello-di-governance","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/giuliazappa.net\/en\/lille-world-design-capital-un-nuovo-modello-di-governance\/","title":{"rendered":"Lille World Design Capital, un nuovo modello di governance"},"content":{"rendered":"\n

Caroline Naphegyi ci racconta le sfide di una visione che ha permesso di ripensare il format delle Capitali del Design come un processo di prototipazione in divenire. E che fa di Lille M\u00e9tropole 2020, Capitale Mondiale du Design, un esperimento collettivo di azione sul territorio.<\/strong><\/p>\n\n\n\n

Un\u2019edizione del Word Design Capital non pi\u00f9 intesa come una vetrina, ma come un dispositivo di rilancio del territorio attraverso il design. \u00c8 con questo obiettivo che Lille<\/em> M\u00e9tropole 2020, Capitale Mondiale du Design<\/em> ha fatto dei POC \u2013 alias il Proof of Concept, prova di fattibilit\u00e0 di un\u2019idea, una soluzione o un metodo – lo strumento per rilanciare un design al servizio del territorio e della collettivit\u00e0. Ce ne parla Caroline Naphegyi, Direttrice dei Programmi di Lille Capitale Mondiale du Design<\/em>.<\/p>\n\n\n\n

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Lille Capitale Mondiale du Design, Maison POC Habiter, photo Anouk Desury<\/strong><\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

I progetti in mostra sono il risultato di un processo molto lungo.<\/strong>
La M\u00e9tropole di Lille ha lanciato nel 2012 un\u2019associazione che si chiama Lille Design e che ha la missione di favorire l\u2019utilizzo del design come leva di sviluppo economico. Io ho preso la direzione di Lille Design nel 2013 e fino al 2017 abbiamo cercato di coinvolgere tutti i cluster dell\u2019economia del territorio – l\u2019immagine, le nuove tecnologie, il tessile, i nuovi materiali \u2013 lavorando a stretto contatto con i principali agenti economici. Solo che, come lei sa, la percezione del design in Francia \u00e8 strettamente legata alle arti decorative, e meno ancorata nella vita quotidiana. Un caso che ci riguarda sul nostro territorio \u00e8 quello di Decathlon: nato come marchio della distribuzione, oggi ha un team di 250 designer. Un esempio, questo, che ci fa capire come il design sia realmente dappertutto, e come la sua integrazione nella filiera possa portare valore all\u2019intero ecosistema. Queste considerazioni sono state alla base della nostra candidatura, che non ha dunque mirato ad organizzare una manifestazione culturale, quanto a mettere in piedi una rampa di lancio per integrare il design nell\u2019area metropolitana di Lille.<\/p>\n\n\n\n

Come si \u00e8 tradotta in pratica questa visione?<\/strong>
Abbiamo creato un\u2019agenzia – La Republique du Design, ispirata a \u201cLa R\u00e9publique des Arts\u201d di Jacques Vi\u00e9not, <\/strong>tra i fondatori del WDO – e abbiamo lanciato un appello a progetto, mobilizzando l\u2019insieme delle aziende e delle istituzioni del territorio e orchestrando dei metodi per far s\u00ec che le iniziative potessero essere accompagnate dall\u2019intervento progettuale dei designer. Quindi abbiamo cercato di strutturare la filiera del design a livello locale, mettendo in piedi un ecosistema innovante i cui primi risultati sono visibili nelle Maison POC, dove mettiamo in mostra 250 tra i 600 progetti sviluppati in quest\u2019arco di tempo.<\/p>\n\n\n\n

Avete definito i vostri 500 POC (Proof of Concepts, prove di fattibilit\u00e0) come dei \u201cpunti di agopuntura del design\u201d. Da dove arriva l\u2019idea di usare uno strumento che in genere resta confinato tra gli adepti del design thinking o del design dei servizi?<\/strong>
Lanciando il nostro appello a progetto abbiamo constatato che la parola design \u00e8 totalmente incompresa da molti attori della catena del valore, che lo associano ad un\u2019equazione tra investimenti e ricadute sul breve periodo. Al contrario nel linguaggio dell\u2019impresa e dell\u2019innovazione il Proof of Concept \u00e8 un termine familiare. Il POC, nella scrittura della candidatura, era una maniera di inventare un nuovo linguaggio che sarebbe stato quello della Capitale Mondiale: se vuoi partecipare alla capitale mondiale, devi fare un POC. Non sai che cos\u2019\u00e8? Siamo qui per spiegartelo. Per questo siamo andati sul territorio – inclusi i villaggi, perch\u00e9 questo \u00e8 un territorio agricolo \u2013 per mostrare questo approccio e spiegare come svilupparne uno. \u00c8 dall\u2019esperienza diretta dello sviluppo di un POC che tante persone si sono avvicinate alla cultura del design. Una missione di acculturazione nei due sensi: quella di chi conduce il progetto, e quella chi lo riceve come utilizzatore finale.<\/p>\n\n\n\n

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Lille Capitale Mondiale du Design. Maison POC Care, photo Anouk Desury<\/strong><\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Cosa succeder\u00e0 di questi POC alla fine della manifestazione?<\/strong>
Questo \u00e8 un tema centrale: siamo ai primi germogli, dobbiamo continuare a democratizzare questa visione dei POC e del design. Durante questo autunno intorno ad ogni Maison POC sar\u00e0 possibile approfondire le tematiche specifiche e incontrare degli esperti. Quindi ci saranno i POC Awards, che avranno luogo il 24 ottobre: guidata dal Presidente Luisa Bocchietto, la giuria dovr\u00e0 spiegare, come per i C\u00e9sar, perch\u00e9 questo POC \u00e8 importante per il territorio. L\u2019obiettivo \u00e8 quello di evidenziare 21 case studies che ci portino poi a scrivere, insieme al WDO, il Libro Bianco della trasformazione del territorio attraverso il design, in modo che l\u2019esperienza possa continuare dopo il 2020.<\/p>\n\n\n\n

Lo spirito della coprogettazione anima Lille Capitale Mondiale du Design. A suo avviso c\u2019\u00e8 un rischio populista nel dare un potere decisionale ad utenti senza consapevolezza progettuale?<\/strong>
Abbiamo sempre detto che non ci sono dei POC senza designer e che le metodologie che mettiamo in campo non sono l\u00ec per sostituirsi alla competenza del designer. L\u2019obiettivo era quello di promuovere un management del design che si rivolge a tutti, legato al quotidiano, ma sempre accompagnato da una pratica di design fatta a livello professionale.<\/p>\n\n\n\n

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Caroline Naphegyi, Direttrice dei Programmi di Lille M\u00e8tropole 2020, Capitale Mondiale du Design<\/strong><\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Immaginiamola agopuntrice del design. Quale punto nevralgico riterrebbe opportuno stimolare?<\/strong>
\u00c8 interessante l\u2019immagine dell\u2019agopuntura perch\u00e9 quando si posiziona un ago da qualche parte, si mette in realt\u00e0 in connessione tutto il sistema. Per me i componenti sono molteplici: la politica, lo statuto dei designer, che in Francia fa ancora capo alla Maison des Artistes, le scuole – e qui a Lille sarebbe molto interessante creare una scuola di POC – le imprese e i cittadini, perch\u00e9 \u00e8 per loro che abbiamo fatto questo progetto. \u00c8 importante non isolare questi obiettivi, la visione del design \u00e8 globale. Ho risposto alla sua domanda o avrebbe voluto un unico punto?<\/p>\n\n\n\n

Mi conceda di riformulare: c\u2019\u00e8 un punto pi\u00f9 strategico degli altri?<\/strong>
La promozione del design ha bisogno di elementi tangibili: quello che manca oggi nel nostro ecosistema \u00e8 un luogo dove le cose si possano incarnare. Per questo, il punto di agopuntura potrebbe essere quello di dare vita ad un luogo ibrido tra scuola, luogo di esposizione, un punto di ritrovo per designer, un materioteca. Perch\u00e9 gli effetti di Lille Capitale du Design restino ci vuole un luogo duraturo e capace di inventarsi: non si pu\u00f2 trattare di una scuola o un museo, perch\u00e9 il mondo sta cambiando e il dispositivo deve essere agile e collettivo, favorendo una dinamica di connessioni in interazione con i territori.<\/p>\n\n\n\n

Pubblicato su Domusweb il 1 ottobre 2020<\/em><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Caroline Naphegyi ci racconta le sfide di una visione che ha permesso di ripensare il format delle Capitali del Design come un processo di prototipazione in divenire. E che fa di Lille M\u00e9tropole 2020, Capitale Mondiale du Design, un esperimento collettivo di azione sul territorio. Un\u2019edizione del Word Design Capital non pi\u00f9 intesa come una vetrina, ma … <\/p>\n