{"id":3178,"date":"2018-09-18T15:05:12","date_gmt":"2018-09-18T15:05:12","guid":{"rendered":"https:\/\/giuliazappa.net\/emotivita-e-progettazione-reportage-dalla-london-design-biennale-2018\/"},"modified":"2018-09-18T15:05:12","modified_gmt":"2018-09-18T15:05:12","slug":"emotivita-e-progettazione-reportage-dalla-london-design-biennale-2018","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/giuliazappa.net\/en\/emotivita-e-progettazione-reportage-dalla-london-design-biennale-2018\/","title":{"rendered":"Emotivit\u00e0 e progettazione. Reportage dalla London Design Biennale 2018"},"content":{"rendered":"

Fino al 23 settembre, alla Somerset House, quaranta installazioni rileggono il tema \u201cEmotional States\u201d. Proiettandovi desideri, angosce e memorie del nostro presente.<\/strong><\/p>\n

Nel turbinio di eventi che, dopo la lunga stasi estiva, segnano l\u2019incalzante ripresa del calendario del design, the place to be del settembre 2018 si conferma, in maniera quasi indiscussa, la capitale inglese. Pochi mesi prima di consumare quello che, salvo smentite, si preannuncia come il primo, doloroso divorzio dal matrimonio europeo \u2013 un divorzio che, ricordiamo, i designer britannici hanno scongiurato prima del referendum sulla Brexit e, successivamente all\u2019esito del voto, con operazioni di lobbying per favorire l\u2019estensione dei visti di lavoro ai tanti stranieri impiegati nel settore \u2012, Londra chiama a raccolta le rappresentanze di quaranta Paesi per affiancare al programma della sua storica design week, il London Design Festival, un format complementare dalle grandi ambizioni culturali: la London Design Biennale. Allestite ancora una volta negli spazi suntuosi della Somerset House, che aveva gi\u00e0 segnato l\u2019esordio della manifestazione nel 2016, le quaranta installazioni sono chiamate a declinare il tema \u201cEmotional States\u201d, scelto dai curatori capitanati dal direttore della Biennale Christopher Turner per raccontare quanto il design, sdoganato il vincolo funzionalista delle origini, sia un veicolo per esaltare e ripensare anche il nostro vissuto emotivo.<\/p>\n

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London Design Biennale 2018. Saudi Arabia Lilwah-Al Hamoud. Photo Ed Reeve<\/figcaption><\/figure>\n

UN TEMA CATCHY
\nNon stupisce, pertanto, che l\u2019eterogeneit\u00e0 delle proposte sembri in qualche modo rispondere alla vastit\u00e0 e alla trasversalit\u00e0 di un tema quanto mai catchy, capace di fare da ponte tra istanze di riflessione personale, proiezioni collettive e memorie storiche che identificano trascorsi nazionali specifici. A quest\u2019ultima categoria appartiene Modernist Indignation, l\u2019installazione presentata dall\u2019Egitto (a cura di Mohamed Elshahed) che si \u00e8 aggiudicata il pi\u00f9 alto riconoscimento della manifestazione, la London Design Biennale 2018 Medal. Il lavoro ripercorre la prospettiva e i progetti di Al Emara, il primo magazine di design del mondo arabo, che nei due decenni della sua pubblicazione (dal 1939 al 1959) ha rappresentato l\u2019avanguardia della cultura architettonica modernista nel Paese. Uno sguardo alla memoria collettiva lo offre anche A Matter of Things (a cura di Ma\u0142gorzata Weso\u0142owska), l\u2019installazione polacca \u2013 insignita della Medaglia d\u2019Onore \u2013 che tratteggia cento anni di storia del Paese attraverso dieci oggetti che ne hanno segnato la quotidianit\u00e0. Guarda pragmaticamente al futuro, invece, il padiglione dell\u2019Olanda, che allestisce una inaspettata camera idroponica per coltivare verdura: una via concreta e tangibile, suggerisce il designer del progetto Marjan van Aubel, per dare speranza e superare l\u2019angoscia da sovrappopolamento, visto che questa soluzione permette di risparmiare il 90% d\u2019acqua rispetto all\u2019irrigazione dei campi e garantisce una resa quaranta volte superiore grazie all\u2019utilizzo di una illuminazione colorata a LED.<\/p>\n

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London Design Biennal 2018. Vietnam University of Leicester. Photo Ed Reeve<\/figcaption><\/figure>\n

DALLA LETTONIA ALL\u2019ITALIA
\nAncora, installazioni di carattere esperienziale cercano una risposta emotiva immediata, legata a una sollecitazione fisica e all\u2019esplorazione della reazione che ne scaturisce. Nel cortile d\u2019onore della Somerset House, la Grecia allestisce un\u2019installazione cinetica che risponde ai passi di chi la attraversa (di Studio INI) per rievocare l\u2019esistenza di un megafono metaforico attraverso il quale esprimere il proprio disaccordo e la propria disobbedienza. Su questa linea, la Lettonia, con Matter to Matter (London Design Biennale 2018 Best Design Medal), progettata da Arthur Analts di Variant Studio, prende spunto dall\u2019umidit\u00e0 che caratterizza il clima del Paese e propone una vetrata la cui condensa diventa una superficie su cui scrivere i propri messaggi, meditando sulla propria interiorit\u00e0. Sempre sulla meditazione e il raccoglimento scommette il Libano, la cui Silent Room (un progetto di Nathalie Harb in collaborazione con B\u00dcF e 21dB) offre uno spazio votato al silenzio, per contrastare gli effetti dell\u2019inquinamento acustico che affliggono notoriamente la citt\u00e0 mediorientale. Non mancano infine i richiami al presente e alle questioni geopolitiche che affliggono aree e minoranze scosse da guerre e conflitti. Con Maps of Defiance, il Regno Unito si avvale dei software di architettura forense per indagare le distruzioni dello Stato Islamico nella regione irachena dello Sinjar. Agli esuli e ai migranti \u00e8 poi dedicato il Refugees\u2019 Pavilion, che tra testimonianza e resilienza allestisce un ricovero temporaneo arredato da alcuni oggetti progettati dagli stessi rifugiati.
\nE l\u2019Italia? Il nostro Paese sceglie una via ancora diversa, capace di rinunciare alla spettacolarit\u00e0 per un approfondimento meno prevedibile e dotato di grande eleganza. \u00c8 il caso de L\u2019Architettura degli Alberi, retrospettiva curata da La Triennale sulla monumentale attivit\u00e0 di documentazione e illustrazione della morfologia degli alberi portata avanti da Cesare Leonardi e Franca Stagi, qui condensata in 24 delle 374 tavole sui grandi fusti raccolte nell\u2019omonimo volume pubblicato nel 1982. Un invito a guardare al nostro passato meno noto e a scommettere sull\u2019analisi del dettaglio come lente per filtrare la dispersione che affligge il nostro tempo.<\/p>\n

Pubblicato su Artribune.com<\/a> il 18 settembre 2018<\/em><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Fino al 23 settembre, alla Somerset House, quaranta installazioni rileggono il tema \u201cEmotional States\u201d. Proiettandovi desideri, angosce e memorie del nostro presente. Nel turbinio di eventi che, dopo la lunga stasi estiva, segnano l\u2019incalzante ripresa del calendario del design, the place to be del settembre 2018 si conferma, in maniera quasi indiscussa, la capitale inglese. … <\/p>\n