{"id":3184,"date":"2018-07-30T14:34:48","date_gmt":"2018-07-30T14:34:48","guid":{"rendered":"https:\/\/giuliazappa.net\/luci-e-ombre-del-triennale-design-museum-a-milano\/"},"modified":"2018-07-30T14:34:48","modified_gmt":"2018-07-30T14:34:48","slug":"luci-e-ombre-del-triennale-design-museum-a-milano","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/giuliazappa.net\/en\/luci-e-ombre-del-triennale-design-museum-a-milano\/","title":{"rendered":"Luci e ombre del Triennale Design Museum. A Milano"},"content":{"rendered":"

L\u2019undicesima edizione del TDM11 \u00e8 una storia plurale e multidisciplinare a cavallo tra economia, politica, comunicazione e tecnologia. Un racconto ambizioso di un secolo di design nostrano, che tuttavia, cercando di raccontare troppo, sembra disperdere la propria vocazione narrativa.<\/strong><\/p>\n

Una trama mai riconducibile a un unico plot. Difficile non concordare sul presupposto che la ricchezza del design italiano, il suo essersi sviluppato a partire da impulsi, territori e aspirazioni differenti quando non antitetici, sia difficilmente sintetizzabile in una formula univoca, in una frase lapidaria o in uno stile preconfezionato. Non stupisce, pertanto, che il Triennale Design Museum, istituzione che fin dalla sua nascita nel 2007 ha sempre fatto della valorizzazione di questa complessit\u00e0 il suo fiore all\u2019occhiello e la sua missione, abbia scelto per la sua undicesima edizione di restituire questa identit\u00e0 sfaccettata attraverso percorsi interdisciplinari, legati a doppio filo alle diverse comunit\u00e0 e professionalit\u00e0 che hanno animato la cultura del design nel nostro Paese.
\nStorie, questo il titolo scelto per la reincarnazione del cosiddetto \u201cmuseo mutante\u201d, dichiara dunque fin dal titolo non soltanto la volont\u00e0 di affermare un racconto plurale, ma anche la scelta del meccanismo narrativo come dispositivo privilegiato per svelare e tramandare la ricchezza insita in un patrimonio culturale e manifatturiero denso e stratificato.
\nOrganizzata intorno a un percorso centrale di carattere diacronico \u2013 180 prodotti realizzati dal 1902 al 1998, volutamente attestati a una distanza di sicurezza rispetto al presente per garantire una maggiore affidabilit\u00e0 critica \u2012, la mostra affianca cinque percorsi complementari \u2013 \u201cPolitica\u201d, a cura di Vanni Pasca, \u201cGeografia\u201d ed \u201cEconomia\u201d, entrambi a cura di Manolo de Giorgi, \u201cTecnologia\u201d, a cura di Raimonda Riccini, \u201cComunicazione\u201d, a cura di Maddalena Dalla Mura \u2013 pensati come un\u2019opportunit\u00e0 per valorizzare specifiche linee di ricerca e per dare visibilit\u00e0 a esperienze uniche di cui il nostro Paese ha saputo fare tesoro.<\/p>\n

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Storie, Triennale Design Museum – Triennale Design Museum 2018 \u00a9 La Triennale di Milano, photo Gianluca Di Ioia<\/figcaption><\/figure>\n

I PUNTI DEBOLI
\nEppure, l\u2019incredibile abbondanza di spunti non sembra paradossalmente contribuire alla promozione di una vera e propria narrativa, quanto al contrario diluire le trame e le specifiche microstorie che animano la nostra grande saga nazionale. La scelta dei 180 pezzi in mostra, molti dei quali largamente familiari non solo perch\u00e9 canonizzati da tutte le storie del design mondiale, ma anche perch\u00e9 inseriti, dal secondo dopoguerra a questa parte, nel tessuto abitativo e nella storia personale di molti visitatori (a esclusione ovvia dei giovanissimi), non riescono tanto a tramandare una storia \u2012 che non basta una copiosa didascalia a innescare \u2013, ma preferiscono esaltare la propria dimensione iconica come da un piedistallo, trasformandosi in un portato simbolico della capacit\u00e0 creativa del nostro Paese, se non addirittura in una vera e propria mitologia. N\u00e9, tantomeno, la separazione tipologica nelle diverse sezioni \u2012 organizzate nell\u2019allestimento a cura di Calvi e Brambilla in diverse stanze, secondo un impianto che vuole ricreare la complessit\u00e0 del design italiano ispirandosi alla metafora della complessit\u00e0 dell\u2019organizzazione urbanistica \u2012 contribuisce a innescare quei cortocircuiti narrativi in grado di trascendere l\u2019oggetto esposto per ricostruirne l\u2019immaginario che ne ha nutrito la progettazione, la provocatoriet\u00e0 al momento della sua immissione nel mercato, l\u2019accoglienza che ha trovato tra i suoi pubblici e i vissuti che ha saputo incoraggiare.<\/p>\n

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Storie, Triennale Design Museum – Triennale Design Museum 2018 \u00a9 La Triennale di Milano, photo Gianluca Di Ioia<\/figcaption><\/figure>\n

UN POTENZIALE INESPRESSO
\nIl grande interesse dei temi proposti dalle sezioni laterali \u2013 eccezionale la sezione \u201cEconomia\u201d, che racconta una storia realmente inaccessibile anche agli addetti ai lavori, ossia quella dei margini di produttivit\u00e0 di tanti bestseller della nostra storia industriale \u2013 risulta purtroppo eccessivamente contratto: un effetto da cartuccia spuntata, ahinoi, per temi che avrebbero meritato maggiore respiro e divulgazione (come non immaginare con una certa golosit\u00e0 una mostra sul cortocircuito tra design e politica o design e comunicazione, ad esempio?), e che invece rischiano di bruciarsi senza aver messo a frutto tutto il loro potenziale.
\nAccattivante, poi, l\u2019unica sezione dedicata al contemporaneo (a cura di Chiara Alessi), un reportage sui nuovi processi di produzione e commercializzazione del design contemporaneo capace non solo di spiegare lo spazio conquistato da open source, crowdfunding, e-commerce ecc., ma anche di coinvolgere i visitatori con un inaspettata piattaforma di acquisto \u2013 forse l\u2019idea pi\u00f9 appassionante e imprevista dell\u2019intera mostra \u2013 dove rendere disponibili venti pezzi appositamente realizzati per il TDM11 da acquistare online e quindi da recuperare da un magazzino automatizzato in Triennale, creato per l\u2019occasione.
\nImpossibile, infine, non legare l\u2019esito di questa undicesima edizione al dibattito sulla necessit\u00e0 di fondare un \u201cvero e proprio\u201d museo milanese consacrato al design, di cui abbiamo dato conto sulle pagine di questo giornale. Nasce il sospetto, aggirandosi tra le sale della mostra, che sia stata proprio la pressione verso la canonizzazione museale ad aver inficiato la piena riuscita di questa edizione del museo mutante. Come non pensare alla sfilata di prodotti in bella vista nel percorso di Storie come a una prova generale del museo che forse \u00e8 in ballo? Una storia che non \u00e8 ancora finita, questa, e di cui restiamo in trepidante attesa. Auspicandoci che l\u2019agognata proliferazione degli spazi dia lo slancio e la possibilit\u00e0 per una differenziazione dei racconti secondo canoni non pi\u00f9 penalizzati dalla necessit\u00e0 di un compromesso.<\/p>\n

Pubblicato su Artribune.com<\/a> il 30luglio 2018<\/em><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

L\u2019undicesima edizione del TDM11 \u00e8 una storia plurale e multidisciplinare a cavallo tra economia, politica, comunicazione e tecnologia. Un racconto ambizioso di un secolo di design nostrano, che tuttavia, cercando di raccontare troppo, sembra disperdere la propria vocazione narrativa. Una trama mai riconducibile a un unico plot. Difficile non concordare sul presupposto che la ricchezza … <\/p>\n