{"id":3196,"date":"2018-04-13T06:54:38","date_gmt":"2018-04-13T06:54:38","guid":{"rendered":"https:\/\/giuliazappa.net\/un-museo-permanente-del-design-a-milano-intervista-a-silvana-annicchiarico\/"},"modified":"2018-04-13T06:54:38","modified_gmt":"2018-04-13T06:54:38","slug":"un-museo-permanente-del-design-a-milano-intervista-a-silvana-annicchiarico","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/giuliazappa.net\/en\/un-museo-permanente-del-design-a-milano-intervista-a-silvana-annicchiarico\/","title":{"rendered":"Un museo permanente del design a Milano? Intervista a Silvana Annicchiarico"},"content":{"rendered":"

La direttrice del Triennale Design Museum ripercorre la storia del museo milanese. Dicendo la propria sulla polemica sorta attorno all\u2019ipotesi di realizzare un \u201cmuseo permanente\u201d del design italiano nella metropoli lombarda.<\/strong><\/p>\n

Sono settimane caldissime per la Triennale di Milano: l\u2019inaugurazione di una nuova edizione del \u201cmuseo mutante\u201d \u2012 nonch\u00e9 della Triennale Design Week \u2012 \u00e8 alle porte mentre non si \u00e8 ancora placato il dibattito \u2013 ne avevamo parlato sull\u2019ultimo numero di Artribune Magazine \u2012 sulle prerogative e la destinazione di un \u201cmuseo permanente\u201d del design italiano a Milano. Per continuare ad approfondire il tema, dando conto alle voci di chi in questo dibattito ha un ruolo necessariamente privilegiato, abbiamo chiesto alla direttrice del Triennale Design Museum, Silvana Annicchiarico, di ripercorrere con noi le tappe, le peculiarit\u00e0 e le conquiste della formula curatoriale inaugurata dieci anni fa dalla Triennale. E di offrirci il suo punto di vista sulla nuova, possibile destinazione del \u201cmuseo permanente\u201d del design milanese.<\/p>\n

Il Triennale Design Museum ha compiuto dieci anni lo scorso dicembre. Partiamo da un bilancio delle sue attivit\u00e0: quante le edizioni inaugurate e i visitatori che lo hanno frequentato? Al di l\u00e0 dei numeri, quale a suo avviso l\u2019impatto sulla cultura del progetto e sulla diffusione del design italiano?<\/strong>
\nDal 2007 il TDM ha inaugurato dieci edizioni (il 13 aprile inaugura l\u2019undicesima) e ha raccolto quasi 2 milioni di visitatori. Ha coinvolto circa una quarantina di curatori. Ha esportato mostre sul design italiano in una cinquantina di citt\u00e0 nel mondo, da Pechino a Seoul, da Mumbai a Melbourne, da Londra a San Parigi e ha realizzato in Triennale oltre 160 esposizioni sul design italiano e internazionale. Abbiamo dato una risposta concreta, credo, alla domanda da cui siamo partiti (e da cui non si pu\u00f2 non partire): perch\u00e9 un museo del design? E soprattutto: per chi un museo del design italiano? Per gli addetti ai lavori? Per le aziende produttrici? Per i designer e il loro legittimo desiderio di visibilit\u00e0? Per tutti questi, certo. Ma non solo. Un museo del design non pu\u00f2 essere solo per questi. Noi abbiamo cercato di fare un museo per tutti. Abbiamo perseguito un\u2019azione di democrazia culturale. Abbiamo costruito un pubblico (che quindici anni fa non c\u2019era). E abbiamo cercato di contribuire a diffondere nell\u2019opinione pubblica e nei cittadini la consapevolezza della centralit\u00e0 del design nel sistema economico-produttivo italiano, ma anche nelle scelte formali e funzionali della vita quotidiana. Perch\u00e9 il design ha sempre inseguito questo sogno: portare la bellezza nella vita di tutti. Per undici anni TDM ha cercato di diffondere e promuovere questo sogno.<\/p>\n

\"\"
Triennale Design Museum 1. Le Sette Ossessioni del Design Italiano 2007-2009. Photo Giovanni Chiaramonte<\/figcaption><\/figure>\n

La formula del \u201cmuseo mutante\u201d ne ha fin da subito definito una specificit\u00e0 anche nel pi\u00f9 ampio panorama dei musei internazionali. Ci vuole ricordare sotto quali auspici nasceva questa originale prospettiva curatoriale?<\/strong>
\nIn questi undici anni siamo riusciti in quella che all\u2019inizio poteva sembrare una sfida impossibile: realizzare un museo che cambiasse ogni anno ordinamento e narrazione, che si interrogasse incessantemente su se stesso, che fosse un dispositivo di ricerca e non solo di monumentalizzazione, e che riuscisse \u2013 in coerenza con la tradizione e la missione di Triennale \u2012 a sperimentare ogni volta allestimenti diversi. Un museo del design non pu\u00f2 essere confuso con un museo di arte figurativa. Il design ha a che fare con gli oggetti e gli artefatti del quotidiano. Una cosa \u00e8 esporre Picasso o van Gogh, altra cosa esporre la moka con cui ti prepari il caff\u00e8 ogni mattina. Perch\u00e9 il pubblico torni pi\u00f9 di una volta a visitare un museo di questo tipo, occorre che gli oggetti siano inseriti in una narrazione, in un racconto, in una messinscena.<\/p>\n

Una recente bagarre deflagrata sui giornali di cui abbiamo dato conto sull\u2019ultimo numero di Artribune Magazine ha portato alla luce una criticit\u00e0 intravista nella formula del museo a tempo da parte di alcuni protagonisti della comunit\u00e0 milanese del design. C\u2019\u00e8 l\u2019impressione che ci sia voglia di una presenza museale pi\u00f9 muscolare, pi\u00f9 vistosa e definitiva. Lei come risponde? La formula del museo mutante va in crisi?<\/strong>
\nIo credo che la formula mutante vada perseguita. Accanto a questa occorre una maggior stabilizzazione e una continua ricerca della costruzione della storia. Quest\u2019anno abbiamo messo a punto un nuovo modello curatoriale ed espositivo. Ovvero da una parte raccontiamo la storia del design italiano attraverso 180 icone del Novecento, dall\u2019altra sviluppiamo cinque approfondimenti disciplinari \u2013 Politica, Geografia, Economia, Comunicazione e Tecnologia \u2013 che permettono di leggere la storia del design da nuovi punti di vista. Anche il contemporaneo \u00e8 affrontato in museo mettendo in evidenza una delle componenti pi\u00f9 nevralgiche del sistema, ovvero quella della vendita. All\u2019interno del museo sar\u00e0 possibile sperimentare alcune modalit\u00e0 di acquisto, dal click and collect all\u2019open source, dall\u2019e-commerce all\u2019asta. Questo modello abbraccia in maniera trasversale la storia del design ma di volta in volta nei prossimi anni anche la selezione delle icone potr\u00e0 essere riproposta secondo punti di vista curatoriali differenti. Perch\u00e9 quella del design \u00e8 una storia che non \u00e8 ancora sancita, scritta in maniera definitiva, ma aperta e passibile di differenti interpretazioni.<\/p>\n

\"\"
Triennale Design Museum 2. Serie Fuori Serie, 2009-2010. Photo Massimiliano Pandullo<\/figcaption><\/figure>\n

Quale dal suo punto di vista la collocazione ideale della collezione permanente del design italiano? Ci vuole anticipare qualcosa circa l\u2019ipotesi di ampliamento del Palazzo dell\u2019Arte per ricavare un piano ipogeo destinato ad accogliere la collezione permanente della Triennale?<\/strong>
\nL\u2019idea su cui si sta riflettendo da tempo \u00e8 quella di ripensare al piano della Triennale collocato al livello del parco. Attualmente vi sono i magazzini della Collezione e la Biblioteca del progetto. Se venissero riqualificati si potrebbe pensare a un archivio della Collezione visitabile gi\u00e0 negli spazi attuali esistenti, con annessi gli spazi per lo studio, per la ricerca\u2026 e un ampliamento costituito da un\u2019architettura ipogea nel giardino, per poter costruire una sorta di \u201cSancta Sanctorum\u201d del design e proseguire parallelamente l\u2019indagine critica e la ricerca. Con la convinzione che il museo debba continuare ad avere una doppia anima, una dedicata a tagli interpretativi storico-critici e l\u2019altra alla individuazione e alla stabilizzazione progressiva degli oggetti ritenuti imprescindibili.
\nIn parallelo si rafforza l\u2019attivit\u00e0 introno al museo. Nel 2007 abbiamo istituito un laboratorio di restauro e di studio della conservazione degli oggetti di design e abbiamo dato visibilit\u00e0 a quella rete di archivi, collezioni e musei aziendali che fanno dell\u2019Italia un museo diffuso contribuendo a istituire realt\u00e0 come la Fondazione Achille Castiglioni. Nel 2010 abbiamo aperto una sezione educational con la missione di avvicinare al design anche le nuove generazioni.<\/p>\n

Guardando alla scena internazionale, quali le istituzioni museali che stanno offrendo esperienze positive su cui riflettere? C\u2019\u00e8 qualche modello virtuoso da cui si potrebbe prendere ispirazione, fermo restando la specificit\u00e0 nazionale della nostra collezione e della nostra cultura progettuale? <\/strong>
\nIl Vitra Design Museum rappresenta un modello virtuoso perch\u00e9 ha la capacit\u00e0 di far convivere l\u2019aspetto della conservazione, dell\u2019archivio con la ricerca e la produzione culturale sperimentando sulle architetture destinate a ospitare le collezioni e gli spazi espositivi.<\/p>\n

\"\"<\/p>\n

In questi giorni inaugura la nuova edizione del museo. Cosa potranno scoprire durante la design week e oltre i visitatori in Triennale? <\/strong>
\nDurante la Design Week, La Triennale oltre a Storie. Il design italiano, undicesima edizione del Triennale Design Museum, presenta 18 mostre da Italia, Cina, Giappone, Corea e Polonia, oltre a eventi, attivit\u00e0 e musica e uno speciale temporary shop, che abbiamo chiamato La grande occasione, Bargain Design 80 % Off. Venderemo a prezzi d\u2019occasione una selezione di oggetti della collezione De Gustibus di Design Memorabilia, oltre alle pubblicazioni e al merchandising della Triennale. Fino all\u201980% di sconto sul prezzo originario su progetti di maestri e designer, da Gae Aulenti a Cini Boeri, da Gianfranco Frattini a Ettore Sottsass, da Richard Sapper a Joe Colombo, da Aldo Cibic a Michele De Lucchi, da Alessandro Mendini a Paola Navone e Federica Marangoni. Un\u2019occasione unica per festeggiare la Design Week rendendo il design veramente accessibile a tutti. Mentre a Monza al Belvedere della Villa Reale dal 15 aprile presentiamo il progetto Il Design e il Territorio: cinque mostre dedicate a 1 designer (Gianfranco Frattini), 2 aziende (Arredoluce e Vimercati Hats 1953), 1 premio (La Selettiva di Cant\u00f9) e 1 materiale (le fibre vegetali) per raccontare il design nel territorio di Monza e Brianza.<\/p>\n

Pubblicato su Artribune.com<\/a> il 13 aprile 2018<\/em><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

La direttrice del Triennale Design Museum ripercorre la storia del museo milanese. Dicendo la propria sulla polemica sorta attorno all\u2019ipotesi di realizzare un \u201cmuseo permanente\u201d del design italiano nella metropoli lombarda. Sono settimane caldissime per la Triennale di Milano: l\u2019inaugurazione di una nuova edizione del \u201cmuseo mutante\u201d \u2012 nonch\u00e9 della Triennale Design Week \u2012 \u00e8 … <\/p>\n