{"id":3222,"date":"2017-06-27T13:01:49","date_gmt":"2017-06-27T13:01:49","guid":{"rendered":"https:\/\/giuliazappa.net\/jerusalem-design-week-reportage-dalle-isole\/"},"modified":"2017-06-27T13:01:49","modified_gmt":"2017-06-27T13:01:49","slug":"jerusalem-design-week-reportage-dalle-isole","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/giuliazappa.net\/en\/jerusalem-design-week-reportage-dalle-isole\/","title":{"rendered":"Jerusalem Design Week. Reportage dalle “Isole”"},"content":{"rendered":"
Andata in scena dal 7 al 15 giugno, la settimana israeliana dedicata al design ha visto alternarsi progetti che fotografano il clima contemporaneo. Puntando lo sguardo sulle tensioni sociali, sul recupero dell\u2019identit\u00e0 e su una riflessione di stampo politico.<\/strong><\/p>\n \u201cNon ti rendi conto di vivere vicino a un confine se non ci vai troppo vicino, ma la realt\u00e0 ti colpisce quando giungi al bordo e guardi dritto nel varco\u201d, confessa la voce fuori campo dell\u2019opera The Golden Age of Nothing, realizzata nel 2016 dal collettivo austriaco Tab. Il video, una speculazione sull\u2019esperienza distopica di un mondo che ha ripristinato tutte le frontiere tra stati e le presidia militarmente, \u00e8 uno spunto pungente con cui leggere il filo rosso che si dispiega nel programma della sesta edizione della Jerusalem Design Week. POLITICA E DESIGN<\/strong> UN PARADIGMA EFFICACE<\/strong> www.jdw.co.il<\/a><\/p>\n
\nCurata da Anat Safran, direttore artistico, e Tal Erez, chief curator, la rassegna che ha scelto di guardare al \u201cdesign come un ponte tra confini sociali, politici e culturali\u201d ha individuato nel concetto di \u201cisole\u201d \u2013 \u201cIslands\u201d \u2013 una metafora efficace per mettere in relazione la condizione specifica che caratterizza la capitale dello stato ebraico \u2013 una citt\u00e0 fatta di isole non comunicanti, per non dire in aperto conflitto \u2013 con una tendenza globale al separatismo e al ripiegamento verso comunit\u00e0 sempre pi\u00f9 piccole e omogenee.
\n\u201cIl messaggio che proponiamo non \u00e8 politico\u201d, raccontano Safran ed Erez, \u201cpiuttosto, vuole fotografare uno stato di fatto e favorire l\u2019analisi di questo specifico paradigma, incoraggiando una maggiore consapevolezza tra il pubblico\u201d. In una citt\u00e0 che, a differenza della vicina Tel Aviv, non rivendica n\u00e9 sembra essere in alcun modo influenzata dalla cultura del design (con l\u2019eccezione della prestigiosa Bezalel University, a oggi ancora il pi\u00f9 importante centro formativo in campo progettuale del Paese, forse essa stessa un\u2019isola nella citt\u00e0 che la accoglie), il design si trasforma non solo in un vettore per comunicare identit\u00e0 e culture, ma anche in un\u2019interfaccia potente per sublimare \u2013 e forse sciogliere? \u2013 le tensioni sociali e geopolitiche che stiamo vivendo.<\/p>\n
\nEppure, molte delle opere esposte una propria presa politica sembrano rivendicarla in maniera decisa. Lo fanno alcuni tra i lavori pi\u00f9 interessanti presentati nell\u2019ambito dell\u2019International Teams Programme, cinque coppie di designer internazionali e locali chiamati a realizzare per la JDW un\u2019opera ispirata al concetto di isola. Tra queste, spicca quella di Maurizio Montalti e Rami Tareef, i quali hanno realizzato un muro di funghi (Montalti rappresenta l\u2019avanguardia nella produzione di materia organica a base di miceli) destinato a crescere e quindi decomporsi nell\u2019arco della design week: evidente la differenza con quello che lambisce la citt\u00e0, ormai da anni parte integrante del paesaggio. Approccio non dissimile per Erez Nevi Pana e Marlene Huissoud, i quali hanno presentato una macchina per creare candele formate da fili cerati avviluppati su se stessi, dove il filo \u00e8 lungo quanto i nuovi muri che si accingono a separare un numero crescente di nazioni del mondo. Il tema delle isole, poi, si trasforma in uno strumento ulteriore di confronto disciplinare: i progetti in mostra, infatti, sono organizzati intorno a epicentri dedicati al prodotto, alla moda e al visual, e divulgati da un\u2019\u201cisola\u201d dedicata alla produzione di contributi grafici \u2013 da far circolare su web, social e un magazine giornaliero, senza soluzione di continuit\u00e0.<\/p>\n
\nFinanziata principalmente grazie a contributi pubblici, la JDW rappresenta un paradigma interessante anche sotto il profilo del formato. La mancanza, l\u2019abbiamo gi\u00e0 detto, di una rete significativa di realt\u00e0 progettuali cittadine si \u00e8 trasformata in questo caso in un punto di forza, esonerando i curatori dalla necessit\u00e0 di \u201cfare rete\u201d con gli attori locali e privilegiando la commissione di lavori di qualit\u00e0, in linea con la visione specifica della design week. Un approccio corretto, questo, che evita di trasformare la settimana del design in una sequela di eventi effimeri e festaioli, favorendo piuttosto un processo di scoperta orientato a un singolo tema e a tutte le sue possibili declinazioni.<\/p>\n