{"id":3253,"date":"2016-06-14T15:57:50","date_gmt":"2016-06-14T15:57:50","guid":{"rendered":"https:\/\/giuliazappa.net\/curiosita-passione-e-disciplina-intervista-a-oki-sato-di-studio-nendo\/"},"modified":"2016-06-14T15:57:50","modified_gmt":"2016-06-14T15:57:50","slug":"curiosita-passione-e-disciplina-intervista-a-oki-sato-di-studio-nendo","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/giuliazappa.net\/en\/curiosita-passione-e-disciplina-intervista-a-oki-sato-di-studio-nendo\/","title":{"rendered":"Curiosit\u00e0, passione e disciplina. Intervista a Oki Sato di Studio Nendo"},"content":{"rendered":"
Il 6 giugno il Design Museum Holon ha inaugurato la prima retrospettiva dedicata a Studio Nendo mai realizzata in un museo. La mostra, curata da Maria Cristina Didero, prende il nome di \u201cThe Space in Between\u201d e guarda alla metafora della liminarit\u00e0 come filo rosso. Per leggere il rapporto tra lo spazio e sei tensioni che lo fanno vibrare e prendere forma: quella con il processo, le texture, i confini, gli oggetti, le relazioni e i sensi.<\/strong><\/p>\n Fondato nel 2002 a Tokyo da Oki Sato (Toronto, 1977), Nendo si \u00e8 affermato nel giro di un decennio come uno dei nomi pi\u00f9 carismatici nel panorama del design mondiale anche grazie a una produzione eccezionalmente prolifica e spesso capace di rinnovare lo stupore di pubblico e addetti ai lavori grazie a un altissimo tasso di innovazione concettuale e formale. Abbiamo chiesto a Oki Sato di raccontarci qualcosa circa la sua passione per il progetto e le linee di sviluppo che animano oggi la sua ricerca.<\/p>\n Ernesto Rogers diceva che il progetto doveva andare dal cucchiaio alla citt\u00e0, mentre nel tuo caso si dice che possa andare dalla citt\u00e0 fino alle chopsticks. Il tuo portfolio, infatti, \u00e8 tra i pi\u00f9 eterogenei e prolifici: come trovi e rinnovi la tua ispirazione? <\/strong> Allo stesso tempo, come riesci a mantenere il controllo della filiera produttiva del tuo studio? Come filtri le tue collaborazioni?<\/strong> Ci fai qualche esempio fra i tuoi clienti?<\/strong> Cosa rende speciali le aziende italiane?<\/strong> Il segno che ti caratterizza \u00e8 squisitamente giapponese, penso alla mostra 50 manga chairs all\u2019ultimo Salone del Mobile, eppure hai dimostrato di sapere dialogare con culture molto distanti, ad esempio collaborando al progetto Nichetto=Nendo e con Caesarstone per la commissione relativa alla mostra al Design Museum Holon. Che senso ha per te la dimensione locale \/ globale? L\u2019identit\u00e0 nazionale \u00e8 ancora un fattore che pu\u00f2 spiegare il design o che stimola la tua ricerca?<\/strong> Tra gli oggetti in mostra, quali sono gli oggetti a cui sei pi\u00f9 affezionato? Quali, dal tuo punto di vista, esemplificano meglio l\u2019evoluzione del tuo lavoro?<\/strong> A Maria Cristina Didero<\/strong>, invece, abbiamo chiesto di offrirci uno sguardo da curatrice sull\u2019esperienza di confronto con Oki Sato e sulla costruzione di una mostra che guarda con originalit\u00e0 alla lettura del \u201cfenomeno Nendo\u201d.<\/p>\n Nendo sembra il Re Mida del design, il suo talento va a braccetto con un successo riconosciuto universalmente. Da cosa scaturisce secondo te questo tocco fortunato? <\/strong> Come giudichi l\u2019esperienza del Design Museum Holon?<\/strong> Holon \/\/ fino al 29 ottobre 2016
\nDal mio punto di vista non c\u2019\u00e8 differenza in termini tipologici tra gli oggetti che disegno, mi sento sempre lo stesso e comincio ogni progetto a partire da una piccola idea. Piano piano la faccio crescere: se si tratta di un oggetto di piccole dimensioni mi fermo prima, altrimenti se \u00e8 pi\u00f9 grande lo faccio crescere ancora e poi mi fermo definitivamente.
\nQuando ero piccolo volevo lavorare in un negozio di animali ed \u00e8 forse per questo che penso alle idee come a degli animali da nutrire: incominci a dargli del cibo, loro diventano sempre pi\u00f9 grandi e poi alla fine non hai pi\u00f9 bisogno di dargli da mangiare. L\u2019osservazione della vita quotidiana, poi, \u00e8 quello che mi ispira maggiormente: magari il modo in cui hai appena appoggiato la penna sul tuo quaderno pu\u00f2 diventare rilevante per sviluppare, che so, un nuovo telefono cellulare.<\/p>\n
\n\u00c8 una questione di duro lavoro, io sono un \u201cdesign-addicted\u201d, penso al design H24 e credo che questo sia l\u2019unico modo per mantenere il controllo sui propri progetti: non c\u2019\u00e8 una scorciatoia, una strada pi\u00f9 facile. Io sviluppo sempre la prima idea, quindi seleziono un designer nel mio team \u2013 per Studio Nendo lavorano venticinque designer \u2013 e lavoriamo in due, scambiandoci idee a vicenda.
\nSuccessivamente, controllo accuratamente il prototipo e questa \u00e8 la ragione per cui devo visitare continuamente i miei clienti. Inoltre, non scelgo mai il mio progetto per il budget o per la tempistica, ma sempre sulla base delle persone coinvolte. Per me \u00e8 una questione molto personale.
\nSe anche hai molti soldi e tempo a disposizione ma il cliente non si aspetta niente da te o non ha nessun interesse nell\u2019esito del lavoro, non puoi arrivare ad un risultato interessante.<\/p>\n<\/p>\n
\nGiulio [Cappellini, N.d.R.] is The man, he is the crazy guy che mi spinge sempre a rompere le regole, a osare. Giulio per me \u00e8 come un padre, mi ha trovato dal nulla e anche se adesso ho quattrocento progetti in corso e lui mi chiama perch\u00e9 vuole un nuovo progetto o semplicemente una nuova idea tra una settimana, noi semplicemente lo facciamo.
\nLo stesso accade con Patrizia Moroso [CEO di Moroso, N.d.R.] o con Claudio Luti [CEO di Kartell, N.d.R.].<\/p>\n
\nAlcune di loro sono completamente matte! Ma hanno una grande passione per il design, credono che il design possa cambiare il mondo e io lo penso con loro.<\/p>\n
\nIo provo a non pensare alla mia nipponicit\u00e0 perch\u00e9 credo che implicitamente sia gi\u00e0 dentro di me: se disegno una caffettiera, sotto una certa prospettiva diventer\u00e0 senz\u2019altro una caffettiera giapponese. Non voglio n\u00e9 allontanarmi dalla cultura giapponese n\u00e9 focalizzarmi solo su di essa e piuttosto che ripensare alla mia cultura e alla mia storia cerco di godermi quello che accade nel contesto che mi circonda.
\nTutti gli ingredienti sono qui, su questo tavolo, e io devo solo cucinare per i miei clienti. S\u00ec, sono come un cuoco, faccio del mio meglio e c\u2019\u00e8 sempre un ingrediente interessante, magari una verdura o una frutta che non conosco, ma che mi pu\u00f2 essere spiegato e che tento di assorbire e trasformare in un progetto.<\/p>\n<\/p>\n
\nRibbon stool \u00e8 stato il primo progetto a essere prodotto da Cappellini e questo mi riporta indietro a dei bei momenti. Anche la Cabbage chair, realizzata per Issey Miyake, \u00e8 stata una grande esperienza, molto ispirante. Quindi anche la Thin Black Lines per Phillips de Pury alla Saatchi Gallery a Londra: \u00e8 stato il primo progetto per una galleria, a cui ne sono poi seguiti molti altri.
\nMi fa molto effetto vedere pezzi differenti riuniti insieme: non sento neanche pi\u00f9 che mi appartengano, mi sento di nuovo un visitatore. Fra te e gli oggetti si crea una distanza che ti impone una pausa di riflessione per digerirli nuovamente.<\/p>\n
\nOltre a essere un presupposto narrativo, \u201cthe space in between\u201d che vediamo in mostra a Holon \u00e8 una metafora realistica per leggere il tuo lavoro?<\/strong>
\nCome dicevamo, in mostra ci sono circa solo un terzo dei progetti che ho fatto in passato. Abbiamo selezionato i pezzi che si adattavano al tema. Con un tema diverso avremmo sicuramente ottenuto una categorizzazione e una mostra diversa.
\nAd agosto Studio Nendo avr\u00e0 una nuova retrospettiva a Taipei: il tema sar\u00e0 l\u2019osservazione delle vetrine, il \u201cwindow shopping\u201d, e voglio categorizzare le vetrine in funzione dei paesi e delle aziende. Ci sar\u00e0 una strada italiana, una scandinava, una giapponese: sar\u00e0 una mostra completamente diversa, anche se forse solo mettendo Holon e Taipei insieme si potrebbe arrivare a una vera e propria monografica. Mi piace moltissimo categorizzare i miei pezzi e ogni volta osservare me stesso da un\u2019altra prospettiva.<\/p>\n
\nQual \u00e8 una frontiera del design con cui non ti sei ancora confrontato ma di cui ti piacerebbe occuparti in futuro?<\/strong>
\nStudio Nendo apre continuamente nuove porte, stiamo iniziando a lavorare nel campo dell\u2019architettura \u2013 abbiamo appena finito il Siam Department Store di Bangkok \u2013 e ora abbiamo un nuovo dipartimento dedicato ai film e alle animazioni. Inoltre, abbiamo fondato una nuova societ\u00e0 dedicata al crowdfunding, iniziamo a occuparci di IoT (Internet of Things), facciamo molta consulenza ad aziende giapponesi\u2026 e poi dobbiamo essere a Milano per il Salone!
\nMolte iniziative, dunque, ognuna delle quali rappresenta un nuovo punto, e chiss\u00e0 che unendo i punti non riusciremo a tirar fuori qualcosa di completamente innovativo. Il design \u00e8 particolarmente interessante quando cerchi di fare cose realmente nuove, e sento che da questo punto di vista c\u2019\u00e8 ancora molto da esplorare.<\/p>\n<\/p>\n
\nOki Sato ha una grande spontaneit\u00e0 e facilit\u00e0 nel creare, guarda il mondo intorno a s\u00e9 e si fa ispirare da idee semplici che riesce a trasmettere in modo diverso: lo Stay-brella, l\u2019ombrello che pu\u00f2 stare in piedi da solo reggendosi sul manico non esisteva e lui \u00e8 stato il primo ad averci pensato. La sua facilit\u00e0 creativa, poi, \u00e8 coadiuvata anche da un team eccezionale e da infinite ore di lavoro. Spontaneit\u00e0, duro lavoro e passione.
\nOki ha realmente una passione innata e sconfinata per il design. Nel film che proiettiamo in mostra racconta che, quando era ancora studente, ha avuto un\u2019incertezza su quale direzione prendere: \u201cPensavo che il mondo non avesse bisogno di me\u201d. Credo che alla fine lui abbia trovato un modo personale di interagire con il mondo. E il mondo del design ha sicuramente bisogno di Nendo. Senza considerare che Nendo\/Oki Sato \u00e8 capace di adattare il suo mondo a seconda dell\u2019azienda con cui collabora: credo che questa sia una grande prova di professionalit\u00e0.<\/p>\n
\nCome curatori, come ci si confronta con una produzione cos\u00ec estesa qual \u00e8 la sua?<\/strong>
\nQuesta mostra ha rappresentato una vera e propria sfida perch\u00e9 Nendo ha una grande quantit\u00e0 di prodotti sul mercato e tutti condividono lo stesso livello di qualit\u00e0. Devo dire che la scelta di impostare la mostra per aree tematiche ha aiutato a filtrare. La lista dei progetti in esposizione \u00e8 stata realizzata con Oki e questa cosa mi \u00e8 piaciuta molto: la scrematura \u00e8 stata importante, quello che vediamo \u00e8 solo una piccola parte della sua produzione.<\/p>\n
\n\u00c8 un museo giovane in un giovane paese, ma penso che Galit Gaon sia stata capace di mettere insieme un programma molto ambizioso ed \u00e8 per questo che il Design Museum Holon \u00e8 diventato una destinazione a cui la scena internazionale del design guarda e guarder\u00e0 come a un luogo dove si riescono a presentare idee nuove.
\nIl design giapponese nel mondo ha molto appeal, ma \u00e8 anche curioso che la mostra abbia preso forma da questa inedita triangolazione tra Israele, Italia e Giappone. In conferenza stampa ho detto che il design \u00e8 un\u2019eccellenza e un orgoglio italiano. Ed \u00e8 vero, come vuole la leggenda, che proprio in Italia, dove era venuto per visitare il Salone del Mobile, Oki Sato abbia deciso di dedicarsi al design.<\/p>\n
\nNendo: The Space in Between
\na cura di Maria Cristina Didero
\nDESIGN MUSEUM HOLON
\nPinhas Eilon St. 8
\n+972 (0)73 2151525
\ninfo@dmh.org.il
\nwww.dmh.org.il<\/p>\n