{"id":3279,"date":"2016-02-09T13:47:42","date_gmt":"2016-02-09T13:47:42","guid":{"rendered":"https:\/\/giuliazappa.net\/antropologia-del-design-andrea-branzi-a-roma\/"},"modified":"2016-02-09T13:47:42","modified_gmt":"2016-02-09T13:47:42","slug":"antropologia-del-design-andrea-branzi-a-roma","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/giuliazappa.net\/en\/antropologia-del-design-andrea-branzi-a-roma\/","title":{"rendered":"Antropologia del design. Andrea Branzi a Roma"},"content":{"rendered":"

Fondazione Volume!, Roma \u2013 fino al 4 marzo 2016. Disciplina antropologica e cultura del progetto entrano in dialogo nella poetica multidisciplinare del designer fiorentino. Che dice la sua in merito alle future evoluzioni della progettualit\u00e0.<\/strong><\/p>\n

Per la sua prima personale romana, il designer \u2013 e insieme architetto, ricercatore e critico, fondatore negli Anni Sessanta del collettivo Archizoom \u2013 Andrea Branzi (Firenze, 1938) allestisce un\u2019installazione site specific che legge le tracce, il pi\u00f9 delle volte colpevolmente inascoltate, della pulsione antropologica soggiacente alla cultura del progetto. In mostra, una serie di teschi rievoca storie e presenze di anime scomparse, mentre la colonna sonora di Whole Lotta Love dei Led Zeppelin \u2013 primo brano della storia della musica a simulare un orgasmo maschile \u2013 ci riporta con la sua spinta vitalistica all\u2019insopprimibile continuit\u00e0 del ciclo vita-morte.
\nAbbiamo approfittato dell\u2019occasione per porre qualche domanda al grande designer, con uno sguardo alla mostra di Roma e un altro all\u2019imminente XXI Esposizione Internazionale della Triennale di Milano e ai grandi moti che animano e fanno mutare il design del ventunesimo secolo.<\/p>\n

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Anime \u00e8 il titolo della mostra che ha inaugurato a Roma presso la Fondazione Volume!. Com\u2019\u00e8 nata l\u2019idea di declinare questo tema attraverso un\u2019installazione? <\/strong>
\nIl riferimento \u00e8 stato quello della tradizione \u201canimista\u201d, che \u00e8 una delle radici del design italiano.<\/p>\n

In che modo, per esprimere la sua idea di anima, \u00e8 stato necessario superare la stretta dimensione dell\u2019arredamento?<\/strong>
\nUn tempo l\u2019ambiente umano era uno spazio abitato dai Lari, divinit\u00e0 che proteggevano i focolari domestici, e dai Penati, spiriti dei propri avi; un ambiente antropomorfo e zoomorfo.<\/p>\n

Lei \u00e8 membro del comitato scientifico della XXI Triennale. Ci pu\u00f2 anticipare cosa vedremo tra qualche mese in questa nuova, grande Esposizione? <\/strong>
\nNel XXI secolo lo scenario complessivo della societ\u00e0 e della cultura del progetto \u00e8 profondamente cambiato. Il problema non \u00e8 pi\u00f9 quello di immaginare il Futuro, ma quello di indagare il Presente.<\/p>\n

Design after Design: l\u2019impressione \u00e8 che l\u2019Esposizione ci racconti un progetto contemporaneo che, nella sua eterogeneit\u00e0, non possa o non voglia definirsi se non attraverso una sommatoria delle sue parti.<\/strong>
\nIl sottotitolo Design After Design indica un design meno ottimista e in grado di affrontare i grandi temi antropologici, le proprie origini primordiali, il tema della vita, della morte, dell\u2019eros, il sacro. Un design che sta diventando una \u201cprofessione di massa\u201d dentro una societ\u00e0 multi-etnica.<\/p>\n

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Vent\u2019anni fa ha scritto che \u201cil consumismo \u00e8 l\u2019unica forza di trasformazione esistente\u201d. Crede sia cambiato qualcosa nell\u2019arco di due decadi?<\/strong>
\nLe attuali migrazioni di massa sono anche la testimonianza che l\u2019attrazione verso il benessere dell\u2019Occidente \u00e8 in grado di spostare grandi masse di popolazione. Il consumo di beni materiali e immateriali ha trasformato i mercati; la globalizzazione per\u00f2 non ha omologato n\u00e9 gli individui n\u00e9 le coscienze. La Guerra Religiosa in corso dimostra che esiste una grande resistenza a ogni forma di integrazione.<\/p>\n

Le manca mai quell\u2019\u201cottimismo elegante, razionale e geometrico\u201d proprio del modernismo che ha rievocato Emilia Giorgi? Un modernismo, peraltro, che lei pi\u00f9 di altri ha contribuito a mettere in discussione.<\/strong>
\nQuel tipo di modernit\u00e0 non mi \u00e8 mai mancata, anche perch\u00e9 non l\u2019ho mai praticata\u2026<\/p>\n

\u00c8 la sua prima personale a Roma. Quale anima le piace leggere e trovare in questa citt\u00e0?<\/strong>
\nAmo la classicit\u00e0 pagana e spero di trovarla.<\/p>\n

Tornando al design, quale forma di progetto ha per lei una valenza orgasmica, un\u2019idea di puro godimento? E cosa associa invece a un\u2019idea di necrosi?<\/strong>
\nIndagare le origini primordiali del progetto; evitare la pura eleganza funzionale.<\/p>\n

Pubblicato su Artribune.com<\/a> il 9 febbraio 2016<\/em><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Fondazione Volume!, Roma \u2013 fino al 4 marzo 2016. Disciplina antropologica e cultura del progetto entrano in dialogo nella poetica multidisciplinare del designer fiorentino. Che dice la sua in merito alle future evoluzioni della progettualit\u00e0. Per la sua prima personale romana, il designer \u2013 e insieme architetto, ricercatore e critico, fondatore negli Anni Sessanta del … <\/p>\n