{"id":3303,"date":"2015-09-15T08:29:51","date_gmt":"2015-09-15T08:29:51","guid":{"rendered":"https:\/\/giuliazappa.net\/designed-in-africa\/"},"modified":"2015-09-15T08:29:51","modified_gmt":"2015-09-15T08:29:51","slug":"designed-in-africa","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/giuliazappa.net\/en\/designed-in-africa\/","title":{"rendered":"Designed in Africa"},"content":{"rendered":"

Dal Vitra Design Museum al Guggenheim di Bilbao, e poi il CCCB di Barcellona. La mostra \u201cMaking Africa\u201d racconta di un continente creativo e produttivo. Soprattutto nel design. Perch\u00e9 \u00e8 ora di smetterla di pensare all\u2019Africa in termini di folklore e riciclo. C\u2019\u00e8 molto altro al di l\u00e0 del Mediterraneo.<\/strong><\/p>\n

UNA MOSTRA SULL\u2019AFRICA. PER SFATARE QUALCHE MITO<\/strong>
\nSolo qualche anno fa \u2013 era il 2008 \u2013 Renzo Martens tratteggiava con il film documentario Episode III \u2013 Enjoy Poverty uno degli j\u2019accuse pi\u00f9 penetranti ed energici contro l\u2019Occidente postcolonialista. Reo, secondo l\u2019artista olandese, di imporre una visione egemonica nella costruzione dell\u2019identit\u00e0 e delle miserie africane, relegando i diretti interessati a un ruolo di stereotipata comparsa. Uno scenario, questo, che oggi altri interpreti della scena culturale internazionale rileggono in chiave diversa.
\n\u00c8 proprio il ribaltamento del punto di vista di Martens quello che la mostra Making Africa \u2013 appena chiusa al Vitra Design Museum di Wiel am Rhein e in partenza prima per il Guggenheim di Bilbao, poi per il CCCB di Barcellona e poi ancora in altre sedi \u2013 usa come premessa necessaria per spiegare l\u2019effervescenza di una scena artistica e progettuale mai cos\u00ec fertile: i 650mila smartphone disseminati sul territorio africano rappresentano per i curatori Amelie Klein e Okwui Enwezor \u2013 direttore, quest\u2019ultimo, della Biennale d\u2019Arte di Venezia 2015 \u2013 il primo strumento abilitante per riaffermare una possibilit\u00e0 di espressione finora negata.<\/p>\n

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Omar Victor Diop Mame dalla serie The Studio of Vanities 2013 \u00a9 Victor Omar Diop 2014, courtesy Magnin A Gallery Paris<\/figcaption><\/figure>\n

QUESTO \u00c8 DESIGN, NON ARTIGIANATO ETNICO<\/strong>
\nChe la propulsione in atto nella vita economica e culturale del continente \u2013 seppure a macchia di leopardo, intendiamoci \u2013 fosse in stato di grande accelerazione se n\u2019erano del resto accorti in molti, complici i dati relativi alla crescita di Pil, infrastrutture e di una classe media oramai dotata di un peso numerico e politico sostanziale.
\nE il design? Da sempre cartina di tornasole sensibile alle flessioni geopolitiche, la disciplina del progetto con base in Africa appare finalmente in grado di parlare con una voce autonoma, coinvolgendo gli interlocutori occidentali non solo sul piano della riproposizione di un artigianato etnico di maniera, ma anzi sul terreno dell\u2019innovazione linguistica, grazie a una gamma eterogenea di progetti, industriali o vicini all\u2019art design.
\nTrevyn McGowan, fondatrice con il marito Julian della pi\u00f9 importante design gallery africana, la Southern Guild di Cape Town, spiega ad Artribune le ragioni di questa ritrovata centralit\u00e0: \u201cL\u2019Africa \u00e8 veramente sul radar globale in questo momento, perch\u00e9 il design esprime un forte ritorno verso una sensibilit\u00e0 legata alla terra, al primordiale. La lingua del design sta privilegiando una narrativa che \u00e8 in cerca di un approccio pi\u00f9 autentico \u2013 fatto a mano, limited edition, su misura piuttosto che in serie e senz\u2019anima. L\u2019artigianato \u00e8 nato in Africa \u2013 il luogo dove l\u2019uomo ha realizzato i primi oggetti \u2013 e c\u2019\u00e8 un senso di orgoglio al riguardo\u201d.<\/p>\n

QUALCHE NOME DA TENER D\u2019OCCHIO<\/strong>
\nMa dove cercare, allora, i protagonisti di questo fermento? Cominciamo dal Mali, dove Cheick Diallo produce sedute in metallo e tessuto che danno vita a forme scultoree sinuose e aeree. Lunghissima la lista dei musei dove i suoi pezzi sono stati esposti, e rilevante anche quella dei suoi distributori, tra cui si annovera anche la trendsetter milanese Rossana Orlandi. Continuiamo quindi con il Sudafrica, l\u2019epicentro del design del continente (ricordiamo che lo scorso anno Cape Town \u00e8 stata designata World Design Capital, prima nominata tra le capitali dell\u2019Africa). Qui il duo Dokter and Misses disegna mobili dal forte impatto grafico ispirati ai pattern geometrici dei tessuti tradizionali, mentre Gregor Jenkin mette a punto (anche in collaborazione con William Kentridge) soluzioni formali innovative che stravolgono i canoni tipologici di tavoli, armadi, orologi.
\nIn Kenya, il brand Kitengela lavora il vetro soffiato ricavandone un catalogo eterogeneo di complementi e illuminazione in bilico fra tradizione e modernit\u00e0. Ancora, in Botswana Peter Mabeo coinvolge progettisti internazionali di prim\u2019ordine rivisitando in chiave contemporanea il gusto etnico locale per una produzione destinata quasi esclusivamente all\u2019export.<\/p>\n

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Cheick Diallo – Sansa Armchair<\/figcaption><\/figure>\n

GLI OCCIDENTALI COME PARTNER<\/strong>
\nEd \u00e8 proprio la capacit\u00e0 di coinvolgimento di partner occidentali che mette in luce un altro indicatore di interesse: in maniera pi\u00f9 massiccia che in passato, gli occidentali scelgono l\u2019Africa come terreno per progettare o parlare di progetto, spostando di fatto il baricentro della discussione in un territorio che fino a poco tempo fa era del tutto escluso.
\n\u00c8 il caso di Design Indaba, piattaforma per il design sudafricano che affianca alla fiera annuale con cinquecento espositori una conferenza internazionale mai come quest\u2019anno frequentata da un nutrito parterre internazionale, con relativa copertura mediatica. Mentre, sul versante dei consumi sofisticati, fa gi\u00e0 parlare di s\u00e9 l\u2019imminente apertura del concept store Alara a Lagos, progettato nientemeno che dalla star dell\u2019architettura britannica (ma originario del Ghana) David Adjaye.<\/p>\n

http:\/\/makingafrica.net\/<\/p>\n

Pubblicato in versione ridotta su Artribune Magazine #25 e in questa versione su Artribune.com<\/a> il 15 settembre 2015<\/em><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Dal Vitra Design Museum al Guggenheim di Bilbao, e poi il CCCB di Barcellona. La mostra \u201cMaking Africa\u201d racconta di un continente creativo e produttivo. Soprattutto nel design. Perch\u00e9 \u00e8 ora di smetterla di pensare all\u2019Africa in termini di folklore e riciclo. C\u2019\u00e8 molto altro al di l\u00e0 del Mediterraneo. UNA MOSTRA SULL\u2019AFRICA. PER SFATARE … <\/p>\n