{"id":3346,"date":"2015-02-14T10:23:30","date_gmt":"2015-02-14T10:23:30","guid":{"rendered":"https:\/\/giuliazappa.net\/frontiera-sintetica-la-next-big-thing-del-design\/"},"modified":"2015-02-14T10:23:30","modified_gmt":"2015-02-14T10:23:30","slug":"frontiera-sintetica-la-next-big-thing-del-design","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/giuliazappa.net\/en\/frontiera-sintetica-la-next-big-thing-del-design\/","title":{"rendered":"Frontiera sintetica. La next big thing del design"},"content":{"rendered":"

\u201cDa dove, mi chiedevo spesso, deriva il principio della vita? Era un interrogativo ben arduo, uno di quelli che sono sempre stati considerati senza risposta, e tuttavia di quante cose potremmo venire a conoscenza se codardia e negligenza non ostacolassero la nostra ricerca!<\/em>\u201d. Non sono in molti, nel campo del design, a condividere la consapevolezza del giovane Victor Frankenstein. Eppure sono destinati a essere sempre pi\u00f9 incisivi, consapevoli che il progetto del mobile \u2013 vuoi per un modello industriale sfibrato, vuoi per un manierismo di ritorno \u2013 ha smesso di rappresentare il paradigma culturale privilegiato della disciplina. Animata da un incrollabile tecno-ottimismo, questa avanguardia trasforma la biologia in uno strumento in grado di produrre materiali ecosostenibili, energie libere dal petrolio e, perch\u00e9 no?, un nuovo ideale di bellezza. Superando nei fatti ci\u00f2 che faceva del Prometeo moderno solo una sofisticata frontiera dell\u2019immaginazione. E accedendo cos\u00ec, per la prima volta nella storia, alla progettazione della vita.
\nQuesto \u00e8 quanto succede grazie agli scenari aperti dalla biologia sintetica, lo studio della manipolazione del Dna che permette di ottenere nuovi organismi modificati da utilizzare in una pluralit\u00e0 di settori, dal medicale ai materiali fino all\u2019edilizia. Anche detto synthetic design, rappresenta un deciso passo avanti rispetto a quanto sviluppato in seno al gi\u00e0 recente e innovativo dominio del biodesign. Progetti come quelli di Mathieu Lehanneur, il primo a introdurre la coltivazione di alghe e pesci in appartamento (Local River, 2008), o dei Formafantasma \u2013 celeberrimo il loro progetto Botanica (2011), votato alla sperimentazione delle bioplastiche \u2013 sono s\u00ec una prima archiviazione della chimica di sintesi, ma non mettono mano a provette e Dna per confezionare organismi sulla base delle loro possibili applicazioni.<\/p>\n

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Natsai Audrey Chieza, Voluntary Mutations | Home Cultured Skin<\/figcaption><\/figure>\n

Nel caso del synthetic design, invece, il binomio natura\/cultura viene superato grazie al ricorso alla genetica. Alexandra Daisy Ginsberg, pioniera del settore e autrice di Synthetic Aesthetics, ne parla \u2013 nel progetto The Synthetic Kingdom \u2013 come dell\u2019innesto di un nuovo ramo artificiale nell\u2019albero della vita organica: \u201cPrendete una caratteristica di un organismo vivente, individuatela nel suo Dna e inserite l\u2019informazione estratta in uno chassis biologico. [\u2026] La vita sintetica elaborer\u00e0 informazioni, produrr\u00e0 energia, eliminer\u00e0 l\u2019inquinamento, produrr\u00e0 parti che si autoriparano, uccider\u00e0 gli agenti patogeni e far\u00e0 anche i lavori di casa\u201d. Se vi sembra poco\u2026
\nLo scorso 4 dicembre si \u00e8 tenuta a New York la prima edizione di Biofabricate, summit internazionale dedicato agli scenari applicativi del design sintetico e vera cartina di tornasole dello stato dell\u2019arte del settore. La societ\u00e0 americana Ginko Bioworks sta progettando il primo estratto di rosa biomodificato in laboratorio, aprendo il campo a una miriade di nuove essenze a disposizione dei profumieri. bioMason ha realizzato un mattone ricavato da microorganismi modificati che \u201ccresce\u201d invece di essere bruciato al forno, con un risparmio potenziale di migliaia di tonnellate di CO2. Maurizio Montalti studia con Mycelium Design nuove tipologie di funghi miceli con propriet\u00e0 strutturali e decorative. E c\u2019\u00e8 chi, come la design futurist Natsai Audrey Chieza, guarda alla biologia come a uno scenario profetico, descrivendo, ad esempio nel progetto Posthumanity, un mondo dove le subculture di domani si distingueranno per protesi e accessori coltivati in vitro.<\/p>\n

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Natsai Audrey Chieza, Parasitic Prosthesis | Genetic Symbiosis<\/figcaption><\/figure>\n

Le opportunit\u00e0, per\u00f2, non sembrano riservate a una cerchia ristretta di designer e scienziati confinati in ambito universitario, ma diventano appannaggio di una cittadinanza pi\u00f9 ampia. Pioniera del progetto \u00e8 Ellen Jorgensen, biologa di Brooklyn che ha abbandonato la carriera accademica per fondare Genspace, il primo fablab dedicato al biohacking. Tutti, a Genspace, possono partecipare alle attivit\u00e0 del laboratorio, per divertirsi e anche per acquisire una nuova consapevolezza politica legata alla scienza, trasformata cos\u00ec nella nuova frontiera dell\u2019attivismo DIY. Tra le applicazioni sviluppate, colpisce il progetto Veevo di Sylvia Saborio, che con batteri geneticamente modificati ha messo a punto un nuovo processo di stampa su tessuto. Confermando \u2013 in questo oceano di innovazione seducente per alcuni, distopico per altri \u2013 quello che il design continuer\u00e0 a fare a dispetto di qualsivoglia implementazione tecnologica: sviluppare soluzioni utili, esteticamente consapevoli, innestate con un potenziale narrativo in costante evoluzione.<\/p>\n

Pubblicato su Artribune Magazine #23 e su Artribune.com<\/a> il 14 aprile 2015<\/em><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

\u201cDa dove, mi chiedevo spesso, deriva il principio della vita? Era un interrogativo ben arduo, uno di quelli che sono sempre stati considerati senza risposta, e tuttavia di quante cose potremmo venire a conoscenza se codardia e negligenza non ostacolassero la nostra ricerca!\u201d. Non sono in molti, nel campo del design, a condividere la consapevolezza … <\/p>\n