{"id":3392,"date":"2010-07-17T13:16:46","date_gmt":"2010-07-17T13:16:46","guid":{"rendered":"https:\/\/giuliazappa.net\/il-pretesto-olandese\/"},"modified":"2010-07-17T13:16:46","modified_gmt":"2010-07-17T13:16:46","slug":"il-pretesto-olandese","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/giuliazappa.net\/en\/il-pretesto-olandese\/","title":{"rendered":"Il pretesto olandese"},"content":{"rendered":"\n
Un Salone in Dutch. Non sono stati disattesi i pronostici sul chiacchierato \u201cwho\u2019s who\u201d del momento. Con quello, scontato, sulla ritrovata egemonia del cool factor \u201carancione\u201d…<\/strong><\/p>\n\n\n\n Il design olandese come un “false flat<\/em>\u201d, un falso piano: fu questa l\u2019espressione con cui, nel 2004, il lavoro di artisti, creativi e progettisti dei Paesi Bassi venne etichettato in occasione dell\u2019uscita del definitivo volume di Aaron Betsky e Adam Eeuwens sul successo del Dutch Design. La strada della celebrit\u00e0, secondo i due, aveva dunque origini lontane, nella metafora di un paese che strappa la terra al mare e pianifica levigando, con grande anticipo storico rispetto al resto del mondo, il proprio paesaggio e la propria maniera di vivere. Un genius loci <\/em>audace e pragmatico come ragione di una notoriet\u00e0 tanto recente e fulminea? Visione romantica e persino folkloristica. Distante, ma non troppo? Dal punto di vista del caposcuola Gijs Bakker<\/strong>, il quale ha recentemente dichiarato, proprio in quel magazine The Dots<\/em>distribuito con tanta prodigalit\u00e0 nei giorni del Salone del Mobile a Milano, di ritrovare la chiave di volta del progetto olandese in un “conceptual design in context<\/em>\u201d, un progressivo affinamento del concetto, libero da preclusioni o pregiudizi su limiti o confini disciplinari, in rapporto a un contesto dato. Sfumature, queste, non difficili da riconoscere nei lavori presentati all\u2019ultimo Salone. Come nella mostra The Questions<\/em>, allestita dalla Design Academy di Eindhoven nel nuovo epicentro, quasi tutto olandese, di Zona Ventura: uno showcase in cui ogni progetto di laurea, secondo un autentico presupposto di problem solving, \u00e8 stato sviluppato come risposta a una domanda sui temi della sostenibilit\u00e0 e della memoria. Interessanti anche le altre collettive del distretto, tra cui Made in Arnhem<\/em> <\/strong>e <\/strong>Autofficina<\/em>. Meno esaltanti, invece, le proposte di Tuttobene<\/em> e Gronicles<\/em>, come anche la prima collettiva Droog Design<\/em> dopo l\u2019allontanamento di Bakker: un ritorno, dal punto di vista formale, al gusto secco delle origini, meno convincente nell\u2019urgenza di dover riabbracciare, ancora una volta, la pratica del riuso. Una presenza variegata, dunque, quella degli olandesi al Salone. Eccezionale nel comunicare la propria identit\u00e0, giocando intorno ai propri stereotipi e ai personaggi gi\u00e0 affermati. Ancora pi\u00f9 efficace, per\u00f2, nel fare quadrato intorno al proprio sistema-paese – e questo \u00e8 il punto – compensando la mancanza di una diffusa rete manifatturiera con un deciso sostegno istituzionale, frutto di una politica consapevole che ha investito nel design come principale vetrina di un\u2019economia della conoscenza targata “Made in Holland\u201d.
Sar\u00e0, ma a pi\u00f9 di quindici anni dalla nascita di Droog Design <\/strong>e di quel design “secco\u201d che s\u00ec, ha realmente rappresentato uno spartiacque nel rinnovamento della scena olandese, il lavoro degli epigoni sembra aver abbandonato il rigore concettuale della prima ora per lasciare il passo a un tono pi\u00f9 spensierato, pi\u00f9 volentieri incline al gusto di una trovata legittima, divertente, a tratti pretestuosa.<\/p>\n\n\n\n
Sempre in Zona Ventura, poi, non poteva mancare la versione pi\u00f9 esclusiva del design “limited edition\u201d olandese, come quello di Kiki van Eijk<\/strong> o Maarten Baas<\/strong>. Il quale, reduce dal conferimento del titolo di Designer of the Future alla scorsa edizione di Design Miami, si \u00e8 divertito a prendersi il lusso di un anno sabbatico, rotto soltanto dal lancio della sua nuova app per iPhone, Analog Digital Clock<\/em>. Intorno, una costellazione di produzioni da bricoleur in salsa Arts & Craft, votate al d\u00e9cor, alla lavorazione artigianale e alla piccola scala del progetto, quella del complemento d\u2019arredo.<\/p>\n\n\n\n
Eccoli spiegati anche cos\u00ec, allora, i prolifici olandesi: prot\u00e9g\u00e9 di un governo che non lesina le borse di studio e i vitalizi, allontanando i designer dalla stringente – e altrove ineludibile – necessit\u00e0 di un confronto con la committenza. Una realt\u00e0 agli antipodi rispetto al modello italiano, sempre pi\u00f9 marcato, ancora una volta, dalla centralit\u00e0 di quella “media industria\u201d cantata da Andrea Branzi, ma anche dalla sostanziale assenza di una struttura istituzionale in grado di sostenere e offrire visibilit\u00e0 ai giovani talenti emergenti. <\/p>\n\n\n\n