#designinfluential. Ecco chi fa tendenza su Twitter

Ci sono gli specialisti del settore come Jeffrey Zeldman e le menti rinascimentali alla John Maeda. Ma anche italiani come Enrico Baleri e Stefano Mirti. Aprite l’app di Twitter e iniziate a seguire. Perché sono loro a influenzare il mondo del design.

Si sente dire spesso, e le ricerche sarebbero là per dimostrarlo, che l’intensità della nostra presenza sui social network sia inversamente proporzionale alla nostra autostima. Eppure, non c’è di che esserne completamente convinti: nel vasto ed eterogeneo mondo del design non sono pochi coloro che, pur in preda a una share-addiction quasi compulsiva, sono riusciti a trasformare il proprio avatar sociale in qualcosa di più che una rappresentazione narcisistica di se stessi e del proprio portfolio. I social, dunque, sono anche una piattaforma in grado di disvelare un nuovo potenziale narrativo e promuovere una nuova esperienza al design? Gli account di alcuni design influential sembrerebbero confermarlo.

GLI INFLUENTIAL INTERNAZIONALI
Come individuare, però, i guru che più orientano opinioni, gusti e attitudini del pubblico? Amici, follower e like – alias le metriche che Facebook, Instagram e Twitter fieramente espongono – sono lì per darci una mano. Certo, l’eterogeneità dei campi di applicazione del design moltiplica i maestri e li relega generalmente a un settore di appartenenza: se un web designer difficilmente potrà prescindere da Jeffrey Zeldman, storico evangelist della programmazione semantica e fondatore di The List Apart (@zeldman, 352k di followers su Twitter), un progettista grafico si ritroverà a condividere i cinguettii di Erik Spiekermann (@espiekermann, 323k) e dello studio Pentagram (@pentagram, 221k), mentre gli epigoni del design strategico di matrice “user-centred” si aggiorneranno probabilmente attraverso l’account dell’agenzia statunitense IDEO (@ideo, 283k), che quest’approccio ha contribuito a strutturare.
Sono in pochi, poi, coloro che riescono a parlare a un pubblico trasversale come l’artista-designer digitale John Maeda (@johnmaeda, 432k follower su Twitter), la paladina della creatività Tina Roth Eisenberg (@swissmiss, 433k) e la nostra Paola Antonelli, senior curator del Dipartimento di Architettura e Design del MoMA di New York (@curiousoctopus, “soli” 38,2 k).
Ad aiutarli, un’attività di ricerca che si allarga a macchia d’olio fra tecnologia e tendenze di consumo, biologia e scienze sociali, data visualization e business, senza perimetri definiti tra un settore e l’altro e senza mai perdere la capacità di fornire anticipazioni preziose su scoperte e attori di riferimento. E magari – perché anche lo stile fa parte del messaggio – senza lesinare quel pizzico di umorismo e qualche scanzonata citazione vintage, tanto per allontanare gli spettri di una trattazione accademica e pedante.

LA SCENA ITALIANA
E in Italia? Complice la penalizzazione linguistica rispetto all’inglese, i design influential nostrani si attestano su qualche migliaio di amici o di follower, una piccola ma compatta tribù che oltre lo schermo è spesso complice, o in alcuni casi acerrima antagonista, in progetti di vita e di lavoro. Eppure, anche da noi non mancano esperimenti e casi curiosi che hanno trovato nella Rete una maniera inedita per condividere aneddoti, pensieri e visioni sul passato e sul futuro della disciplina.
Il caso più eclatante l’ha costruito, a suon di post e di like, Enrico Baleri, grande designer e imprenditore, fondatore tra gli altri degli storici marchi Alias e Baleri Italia, oggi alla guida del Centro Ricerche Enrico Baleri. Le sue Perline – così vengono chiamati gli articoli pubblicati con cadenza quasi quotidiana sulla sua pagina Facebook – consegnano ai suoi 2.300 amici autentiche chicche tra cronaca e critica sulla storia e il presente del design. Il fascino di questo racconto a puntate? Il punto di vista privilegiato di chi da oltre cinquant’anni ha intrecciato passioni e professione con i protagonisti del migliore progetto italiano e internazionale e non esita a condividere, più di un libro e meglio di un libro (a cui peraltro la raccolta delle Perline daranno presto vita), il proprio patrimonio di vissuto e cultura. E l’engagement, prendendo in prestito la terminologia dei social manager, funziona eccome: la vita comunitaria si scatena a suon di commenti anche divergenti ma sempre rispettosi, come Baleri stesso tiene a sottolineare, mentre una critica partecipata e dibattuta sembra scaturire più facilmente tra questi post – si prenda il caso delle anteprime che Cassina ha presentato alla scorsa IMM Cologne – che non dalle pagine di riviste di settore ormai prive di opinioni graffianti.
E se il design sui social ha elaborato con Baleri una compatta forma di prosa, non di meno ha trovato un altro alfiere in grado di restituire un contributo in poesia. Ce la regala, puntando lo smartphone a testa in su, il critico e docente Stefano Mirti (@stefi_idlab, 4k follower) con l’hashtag #todaysky, uno scatto sui cieli di Milano e del mondo che è anche e soprattutto una temporanea presa di distanza dal progetto e dall’ossessione ombelicale che così facilmente scatena nei propri accoliti.

Pubblicato su Artribune Magazine #30 e su Artribune.com il 19 luglio 2016