Di arte generativa, complici artisti (Ben Fry, Casey Reas, And Sherman) e festival (si pensi a Transmediale), si parla con sempre maggiore frequenza. Ma, messi da parte gli assunti di base – l’arte generativa oggi si fa soprattutto attraverso algoritmi al computer -, siamo sicuri di saperci addentrare con sguardo critico nei meandri, tecnologici e non, di questa nuova frontiera della disciplina?
Se il dubbio aleggia, niente di meglio che affinare le nostre conoscenze attraverso il confronto con quello che è, ad oggi, il pane quotidiano per la fabbricazione di progetti artistici basati sulla generazione di forme e processi figurativi. Vale a dire Processing, linguaggio open source ideato al MIT di Boston nel 2001 per insegnare i rudimenti della programmazione attraverso gli strumenti di progettazione grafica, e adottato negli anni quale strumento privilegiato per la grafica generativa da una grande e attiva community (il riferimento è www.processing.org).
Spazio Yatta, makerspace milanese nato nell’aprile di quest’anno, organizza un corso per svelarne i rudimenti e pure qualcosa di più. Processing, spiega il docente Matteo Riva, è facilissimo da imparare anche per chi non ha conoscenze informatiche strutturate. E potrebbe rivelarsi una mano santa non solo per artisti e designer visuali, ma anche per chi è più vicino alla cultura maker, soprattutto in vista dell’ampio ventaglio di possibilità di interazione con Arduino.
Pubblicato su Artribune.com il 6 dicembre 2014