Isia Design e una mostra-banchetto. Intervista con Marco Bazzini

Sono tra i primi istituti ad aver lanciato in Italia la formazione universitaria nel campo del design e ora si presentano insieme per una mostra a Milano che declina il tema del design come strumento di conoscenza. Ne parliamo con Marco Bazzini, presidente dell’ISIA Firenze e co-curatore (con Anty Pansera) di “ISIA Design Convivio”.

Si ispira al Convivio di Dante Alighieri, l’opera che il sommo poeta scrisse nei primi anni di esilio per rappresentare la struttura dello scibile umano attraverso la metafora del simposio, l’esposizione ISIA Design Convivio, allestita a Milano nella Biblioteca Umanistica dell’Incoronata fino al 26 giugno. In mostra, una selezione di sessanta progetti realizzati dagli studenti dei quattro Istituti Superiori per le Industrie Artistiche, al secolo ISIA Faenza, ISIA Firenze, ISIA Roma e ISIA Urbino. Una scuola, e sono forse in pochi a saperlo, che è la più antica istituzione pubblica dedicata allo studio universitario nel campo del design e che annovera tra i fondatori, nel non troppo lontano 1975, anche un padre nobile quale Giulio Carlo Argan.
Di conoscenza, di nuove risposte ai bisogni e di istruzione pubblica nel campo del design abbiamo parlato con Marco Bazzini, presidente dell’ISIA Firenze nonché curatore della mostra con Anty Pansera.

Dante Alighieri e il suo Convivio per una mostra sui progetti dei quattro istituti ISIA: come si è arrivati alla scelta di quest’opera letteraria? Quale il nesso con le tematiche dell’Expo?
Il Convivio di Dante non ha certo perso forza e prospettiva e può ancora trovare nuove suggestioni, oltre a indicare nuove strade. La metafora della mensa come banchetto di cultura e sapienza può diventare anche una figura possibile per parlare dei nostri istituti che formano i giovani al design.
Non sembri, quindi, eccessivo rifarsi a Dante per parlare oggi di coloro che praticano una cultura che per sua natura ha offerto e deve saper continuare a offrire una nuova abitabilità al pianeta. Come ISIA crediamo che tutti questi siano temi legati a Expo, perché “Nutrire il Pianeta” vuol dire anche saper pensare, mettere in forma e a disposizione nuovi modelli di sviluppo o oggetti che sanno avvalersi dei differenti panorami tecnologici e scientifici all’interno di una grande responsabilità sociale.

Gabriele Berto (Isia Faenza), “C.B.”. Esempio di food design incentrato sull’uso e la valorizzazione di prodotti alimentari emiliano-romagnoli, attraverso la cottura a vapore in barattoli di vetro.

Quali sono i progetti in mostra?
I progetti presentati in quest’occasione sono stati elaborati dopo gli Anni Zero dagli studenti, ma esponiamo anche un piccolo nucleo storico, che si rivolge alla dimensione quotidiana, a nuove pratiche di consumo, a chi vive la propria vita non soltanto come individuo ma anche come membro di una comunità, a chi ha una piena e diversa consapevolezza di se stesso. Non cercano certo di risolvere i problemi e le tragedie evidenti della nostra società ma, piuttosto, cercano di offrire a tutti nuove risorse per affrontarle.

Come avete selezionato i lavori che vediamo esposti? E quale idea guida l’allestimento?
Abbiamo immaginato quattro trattati, proprio come l’opera dantesca, che concettualmente rispecchiano le linee della didattica ISIA: Trattato I – Design e conoscenza per tutti, II Trattato – I sensi del progetto, Trattato III – Design, ricerca e metodo, Trattato IV – Le virtù del progetto.
Una piccola commissione per ogni Istituto ha fatto una prima selezione che poi è passata al vaglio dei curatori. Purtroppo molti altri progetti interessanti sono rimasti esclusi. Per l’allestimento, concepito e realizzato da un gruppo dell’ISIA Firenze con a capo i professori Mirko Tattarini – sua è anche la prima intuizione di rivolgersi a Dante – e Giancarlo Torri, l’idea è stata quella di apparecchiare una tavola al centro della biblioteca e di riproporre nello spazio un po’ di storia degli ISIA. Ma è stato uno sforzo collettivo di tutti e quattro gli Istituti con ISIA Urbino che ha realizzato tutta la grafica, coordinata dalla prof.ssa Silvia Sfligiotti, e ISIA Faenza e ISIA Roma che con rispettivamente i professori Marinella Paderni e Marco Vagnini non hanno fatto mancare il loro impegno e sostegno nelle diverse fasi di quella che è un’iniziativa interamente pensata e gestita in maniera interna agli Istituti.

È la prima volta che le quattro ISIA si raccolgono insieme per una mostra? Come si combinano le singole vocazioni degli istituti rispetto all’organicità dell’esposizione?
Non sono state molte le occasioni per presentarsi tutti insieme, salvo i Premi Nazionali delle Arti e qualche passaggio ai Fuori Salone. L’ultima mostra di gruppo risale a vent’anni fa e fu organizzata presso il Mart di Trento all’insegna di Design cultura e istruzione, la sperimentazione didattica. La vera novità di quest’anno è però che in mostra non ci presentiamo come singoli istituti con ognuno un proprio spazio, ma piuttosto come un sistema nazionale e unico di formazione al design. E questa volontà di stare tutti insieme è un’azione che con gli altri presidenti e direttori stiamo portando avanti anche al Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca proprio per dare più forza alla formazione pubblica al design con una sensibilità diversa rispetto al passato. L’ISIA, infatti, da molti anni caratterizza la propria scelta didattica proprio sull’aspetto della responsabilità sociale, della cultura del progetto etico, questo ci distingue dal resto e ci permette allo stesso tempo di lavorare con specificità sui territori di appartenenza ma anche di collaborare con molte altre istituzioni di alta formazione e ricerca italiane ed estere, oltre che con aziende. E queste prestigiose collaborazioni sono un altro aspetto della nostra eccellenza.

Anna Togni (Isia Faenza), “Fabi-Sparkless”. Progetto di definizione del design di un prototipo a tre ruote a basso impatto ambientale, realizzato per la partecipazione all’edizione 2014 della Shell Eco Marathon

L’ISIA è la prima scuola di design in Italia: a dispetto della sua storia e dei suoi illustri natali, si ha spesso l’impressione che la sua resti un’esperienza di nicchia. E che le istituzioni – parli per tutti l’annosa vicenda dello sfratto dell’ISIA di Firenze, che hai risolto dopo anni d’incertezza non solo sulla sede, ma di fatto anche sulla stessa possibilità di sopravvivenza dell’istituto – non si impegnino troppo a valorizzarla.
Siamo una realtà molto piccola e a numero chiuso come iscrizioni. Tra studenti e docenti dei quattro istituti siamo in tutto sotto le 1.300 unità. Ma proprio per questo siamo una grande eccellenza nel vasto corpo del MIUR – AFAM, il comparto ministeriale in cui sono presenti anche Accademie e Conservatori. Se dal lato della didattica questa è la nostra forza, sul fronte della gestione e dei rapporti istituzionali diventa una debolezza. Ma negli ultimi due anni come Conferenza dei Presidenti e Direttori ISIA ci siamo dati molto da fare su tutti i fronti. Non siamo riusciti a risolvere tutti i problemi, fortunatamente quello della sede di Firenze è andato a buon fine, ma stiamo trovando interlocutori attenti sia all’interno del MIUR che nella politica. Hanno finalmente capito la nostra eccezionalità, che è appunto fatta di eccellenza e di eccezione rispetto al sistema formativo tradizionale.

In una recente intervista a Artribune, Barbara Brondi e Marco Rainò, curatori di IN Residence – Design Dialogues, hanno affermato che le scuole di design in Italia faticano, rispetto a quelle estere, a fare delle scelte nel campo della didattica, privilegiando una formazione orizzontale piuttosto che verticale. Sei d’accordo? Come reputi la didattica del design italiano rispetto alle esperienze delle scuole di punta europee (Eindhoven, Royal College of Art, Ecal, tanto per nominare le principali)?
Queste sono esperienze che conosciamo molto bene e con le quali dialoghiamo. In questo momento in Italia con il documento Chiamata alle arti lo stesso Ministero sta riflettendo sulla formazione artistica e quindi anche noi come ISIA abbiamo fatto le nostre proposte. Allo stesso tempo con questa mostra ma soprattutto con il libro che come ISIA Firenze abbiamo promosso – La formazione del Designer in Italia, curato da Anty Pansera e uscito recentemente per i saggi Marsilio – anche noi ci stiamo molto impegnando su questo tema strategico per il futuro del design, dei giovani e del nostro stesso paese.
Siamo convinti, anche se può sembrare presuntuoso, che il modello ISIA che è stato sperimentato in cinquant’anni sia il migliore in questo campo. Molti laboratori e progetti di ricerca con altre istituzioni di alta formazione universitaria o le aziende, numero chiuso (massimo 25 studenti all’anno dopo una selezione), affermati professionisti come docenti a contratto, non sono che alcune delle peculiarità degli ISIA. Caratteristiche che ci permettono di seguire le tracce della contemporaneità, dell’innovazione tecnologica e quindi di variare le poste in gioco rispetto alla responsabilità sociale del design. Una sfida che ogni istituzione della formazione deve fare se vuol vivere il proprio tempo.”

Pubblicato su Artribune.com il 13 giugno 2015