La Material Ecology di Neri Oxman

Sua è l’installazione più interdisciplinare che la Triennale
ha commissionato in occasione di Broken Nature. Dietro
la sua intelligenza versatile e senza pregiudizi si aprono
alcune tra le prospettive più incoraggianti e concettualmente avvincenti del design del XXI secolo.

Professore al MIT di Boston, icona sexy, intelligenza fulgida a cavallo tra biologia, design e tecnologia: difficile mettere un unico cappello sulla chioma indomita di Neri Oxman. L’architetto 43enne di origini israeliane è forse la personalità che ha maggiormente contribuito a plasmare quel campo di ricerca che è oggi frettolosamente riassunto con l’etichetta di biodesign. Nella sua visione, calcolo computazionale, bioingegneria e progettazione convivono per dare (letteralmente) vita a una nuova generazione di manufatti creati a partire da elementi organici.
Il campo della “Material Ecology”, da lei prefigurato e coniato, diventa così un’opportunità per immaginare una generazione di oggetti che sono fusionali con la natura e dunque capaci di rispondere al meglio alle sfide che attanagliano la nostra società. Della sua vivacità intellettuale, che deve almeno parte della sua attrattività all’idea che la sostenibilità non debba solo essere preservata, ma anche integrata artificialmente, parlano i suoi progetti: padiglioni stampati con bachi da seta vivi, alveari sintetici che ricreano una perenne primavera per favorire la sopravvivenza e produttività delle api, le maschere della morte capaci di produrre microrganismi dopo il decesso, le “wearable skins” pensate per i viaggi spaziali e capaci di tramutare l’esposizione solare in zuccheri disponibili per l’organismo.
A Broken Nature presenta una dei quattro lavori commissionati dalla Triennale di Milano, Totem, applicazione su scala architettonica della melanina. Materiale particolarmente trasversale – è presente nella nostra pelle, ma anche nelle piante, nei minerali, nei batteri e nei funghi –,
è utilizzato come materiale costruttivo per un’installazione di grandi dimensioni. Ma non solo: dalla Triennale promettono che Totem sarà una rappresentazione efficace di “come il design, a tutte le scale, possa essere un commento potente, poetico e rigorosamente scientifico, sui pregiudizi e gli errori umani”. La grandezza del lavoro di Oxman, infatti, non risiede soltanto nella confluenza tra bioingegneria e design, ma anche nella capacità di investirsi in una ricerca artistica che non ha timore di giocare, anche in laboratorio, con estetiche d’avanguardia.
Del resto, come lei stessa ha scritto in un saggio che è giustamente diventato una pietra miliare per la teoria del design e ben oltre, è l’era dell’entanglement, bellezza. Faremo meglio a farcene una ragione, e a scommettere ottimisticamente sulle prospettive che questa nuova età ci potrà riservare.

Pubblicato su Artribune n.48