La top 5 del Design 2015: tutti i progetti e i fenomeni da ricordare (e di cui sentiremo parlare ancora a lungo)

Sempre opinabili, le classifiche. Che restano, però, un ottimo territorio di confronto per riflettere sulle evoluzioni del gusto, della ricerca e del mercato, anche e soprattutto in un campo tanto instabile e soggetto a mutazioni quale è quello del design. Cosa resterà negli annali del progetto 2015? Tra tutti gli avvenimenti dell’anno che si è appena concluso, abbiamo selezionato le novità e i fenomeni che più ci hanno conquistato in termini di sorpresa, qualità e dirompenza. A voi la palla, per confermare le nostre preferenze o sostenere le ragioni del vostro progetto del cuore 2015.

Palma d’oro: La consegniamo, ancora una volta, alla città di Milano, che anche grazie alla congiuntura di Expo ha saputo ritrovare ottimismo, determinazione e uno smalto particolarmente accattivante. Durante l’ultima edizione di un Salone del Mobile in grande salute ma pur sempre convulso (questo sì, va detto: c’è sempre spazio per rimettere a punto la formula), non sono state poche le location che hanno messo in rima una parola altrimenti vuota come “tendenza” con un presupposto rigoroso di ricerca e curatela. Molti i protagonisti italiani che ci piace citare: lo showroom Moroso con la collezione di Jörg Schellmann e le installazioni Wall Works, A Stomaco Vuoto nel neonato spazio de Il Lazzaretto, la collezione Body Building da Atelier Biagetti, la potenza evocativa della galleria Leclettico, la collezione Palmador di Dimore Studio a via Solferino. Menzione speciale anche al distretto delle 5vie con la regia impeccabile di PS, e al Milano Design Film Festival, appuntamento ormai consolidato che sa rivolgersi oltre ai soliti aficionados della comunità del design.

Installazioni: la London Design Week 2016 ci ha portato verso il confine più immaginifico della disciplina grazie ad una serie di grandi installazioni a firma di artisti e designer (Alex Chinneck su tutti). Ed ecco il controaltare, quel linguaggio “ambientale” di cui un po’ si sente la mancanza proprio dalle parti del capoluogo lombardo…

Metamorfosi: il design non riposa sugli allori, non è mai uguale a se stesso e non smette di allargare i suoi confini, spesso e volentieri seguendo le sollecitazioni della tecnologia. Dopo l’avvento del biodesign, è probabilmente l’ingresso nella quarta dimensione – quella del tempo – che si appresta a modificare radicalmente la maniera con cui progetteremo oggetti e infrastrutture, forse a scapito della proliferazione elettronica di un mondo che tanto aspirava ad essere smart.

Territori: se usato consapevolmente come strumento di marketing territoriale, il design può coadiuvare il ripensamento dell’identità e la rinascita di territori e contesti tradizionalmente lontani dall’industria e dal progetto. L’abbiamo visto con “Ailleurs en Folie Milan”, con il “Rural Design” in Irpinia, con Piemonte Handmade a Operae e da ultimo alla Matera Design Week. La lista continuerà anche nel 2016?

Esposizioni permanenti: ci fa piacere apprendere, come ha raccontato Federico Bonadeo a Giulia Marani, che il Museo del Design 1880 – 1980 non lascerà Milano dopo l’anno dell’Expo. Un auspicio a pensare che la sete di nuove istituzioni espositive – e dello sguardo introspettivo che inevitabilmente portano con loro – non si plachi mai, neanche nelle cosiddette città “di design”.

Pubblicato su Artribune.com il 6 gennaio 2016