Olfatto e design. Progetteremo anche gli odori?

Dopo sedie e spremiagrumi, motociclette e turbine eoliche, il celebre Philippe Starck si cala nei panni di un novello scent designer. E non è il solo. Ecco chi sta sperimentando per il nostro naso.

Profumatori d’ambiente. Se ancora storcete il naso ogni volta che questo neologismo un po’ meccanico e sgraziato affiora in una pubblicità o tra le righe di un giornale, fatevene una ragione: il sostantivo è qui per restare. Almeno è quello che il mondo del design sembra suggerirci con le sue incursioni sempre più frequenti nell’ultimo dei suoi territori applicativi: l’impalpabile dominio dell’olfatto. Spazio volatile, invisibile, intrinsecamente chimico nella sua dimensione molecolare, eppure soggettivo ed emotivo come un’eterna madeleine che non finirà mai di farci sospirare, il quinto senso – quello negletto per definizione, anche in virtù di una funzionalità sempre zoppa, mai manifesta e mai veramente necessaria – è anche quello che più sembra mostrare il fianco a nuove potenzialità tutte da immaginare.

UNA NUOVA FRONTIERA
Dopo i tanti oggetti belli da vedere consegnatici da quasi due secoli di design industriale, dopo l’ultima generazione di oggetti touch, che afferriamo e consumiamo con le mani grazie a nuove interfacce tattili, dopo la carica dei progetti di food design pensati per creare sinestesie tra vista e palato e dopo troppo digitale che ci scollega dalla nostra fisicità, la nuova frontiera da esplorare potrebbe celarsi proprio dietro all’etereo e conturbante mondo degli odori.
La punta dell’iceberg sta giustappunto lì, in questi nuovi profumatori d’ambiente che rappresentano un ibrido, una crasi tra il mondo delle fragranze e dell’home decor. Grandi marchi del sistema arredo – pensiamo alle Kartell Fragrances progettate da Ferruccio Laviani nel 2015 o alle candele e ai diffusori di fragranze di Tom Dixon, o ancora ai “prodotti aromatici” di Moooi per le grandi catene di hôtellerie – hanno scommesso sulla redditività di questa nuova produzione destinata a completare gli interior con l’ultimo tassello offerto dall’olfatto.
Ma c’è pure chi, tra le designstar celebri per fiuto e tempistica sulle questioni di marketing, non si è tirato indietro di fronte al lancio di una propria fragranza. È notizia recente il lancio di Peau de Soie, Peau de Pierre e Peau d’Ailleurs, tre nuove fragranze ispirate rispettivamente al gender femminile, maschile e androgino usciti sotto il nuovo brand Starck Paris in collaborazione con la spagnola Perfumes & Diseño. Dopo sedie e spremiagrumi, motociclette e turbine eoliche, il celebre Philippe Starck si cala nei panni di un novello scent designer, ricordando il tempo – un’altra madeleine? – passato nella profumeria della madre durante l’infanzia.

OLTRE IL BRAND
Eppure il design degli odori può assumere una veste più sofisticata e intellettualmente conturbante, ben oltre una scontata operazione di brand extension di marchi più o meno noti. Uno dei giovani pionieri del campo è Marcin Rusak: con uno dei suoi progetti della serie Flowering Transition, Fragrance, il designer di origini polacche si è interrogato sul rapporto tra il profumo più o meno intenso delle rose e la loro destinazione di vendita, distillando tre diverse fragranze provenienti dai punti vendita di floral designer, fiorai e supermercati low cost. Ancora, la giovane Amy Radcliffe, una laurea in Material Futures alla londinese Central Saint Martins, ha realizzato con il progetto Madeleine un’inedita “camera degli odori” che riesce a sintetizzare l’aroma degli oggetti che posizioniamo sotto una campana di vetro. Immaginiamo la portata emotiva di un archivio personale degli effluvi e degli olezzi che ci hanno accompagnato durante la vita. Un tentativo non lontano dalla ricerca decennale di Sissel Tolaas, fondatrice a Berlino dello studio-laboratorio di fragranze Re_Search Lab, all’attivo oltre 7mila odori sintetizzati o ispirati a oggetti, immaginari, periodi storici. Per l’esposizione che il Museo di Storia Militare di Dresda dedicò nel 2014 alla Prima guerra mondiale, Tolaas aveva sintetizzato un miasma ispirato al concetto di “gas mostarda”. Un’esperienza olfattiva, stando ai racconti dei visitatori, che dissuadeva fisicamente dal varcare la sala della mostra, ricreando lo stesso senso di violenza su se stessi che dovevano aver provato i soldati nello spingersi verso il campo di battaglia.

ODORI E OGGETTI
C’è infine chi gli odori li inscrive negli oggetti per dotarli di una nuova significazione o di una nuova funzionalità aumentata. Altro pioniere del campo, Daniele Bortotto ha progettato nel 2012 Silicon Diffusers, tre diffusori in silicone che emettono un odore pronto all’uso quando abbiamo bisogno di concentrarci, dormire o respirare il profumo di una boccata di aria fresca. Stesso approccio per la designer Alexandra Stück, la quale ha realizzato una linea di sciarpe in lino naturale che si possono lavare con estratti di erbe aromatiche. Una volta applicati sulla stoffa, gli estratti rilasciano per sei mesi i propri effetti terapeutici, che si sprigionano a contatto con il calore corporeo o a seguito di un movimento fisico. Sulla stessa falsariga, le sedute in silicone e pelle della collezione A Body of Skin di Gigi Barker sono intrise di ferormoni umani e profumi da dopobarba per simulare il più possibile l’odore della pelle umana. Secondo gli auspici della designer – provare per credere? – l’invito all’uso più efficace per invogliarci a sederci sul pouf.

Pubblicato su Artribune Magazine #34 e su Artribune.com il 16 gennaio 2017